19 marzo, 2009

"Papa" John De Francesco - Big Shot ( Savant Records )




The father of Joey DeFrancesco, "Papa John" had his career revived when his son's success helped bring about the renaissance of the Hammond organ. John's father had played reeds with various swing bands including the Dorsey Brothers. John DeFrancesco began playing trumpet when he was six and did not start playing organ until his wife bought him an organ for his 23rd birthday. After a few months of nearly nonstop practicing, he was ready to perform in clubs. In 1967 DeFrancesco moved to Philadelphia and soon he was part of the Philadelphia jazz scene. However in 1979 when Joey turned eight and started playing professionally, John temporarily gave up his career so as to supervise his son. Another son, Johnny DeFrancesco, developed into a fine guitarist. In the 1990s, John DeFrancesco returned to a more active playing career, recording two strong sets for Muse (both of which feature Joey on trumpet) and gaining a national reputation of his own. "Papa John" plays organ in an infectious hard bop style not that different from his son.

~ Scott Yanow, All Music Guide


From the perspective of family history, there wouldn't have been a Joey DeFrancesco, perhaps the most famous of the contemporary jazz organists, without the style that he learned from his father. 'Papa' John DeFrancesco, himself the son of working musician, moved to Philadephia in 1967 and quickly became a staple on that city's busy jazz scene jazz. His fourth Savant recording as a leader finds him presiding over sons Joey and John Jr. along with saxman Jerry Weldon, Mike Boone's bass and Byron Landham on drums. Hear the DeFrancescos make jazz a true family affair on this smoking set of organ classics and original works.

Featuring:
'Papa' John DeFrancesco, organ
Joey DeFrancesco, keyboards;
John DeFrancesco Jr., guitar;
Jerry Weldon, tenor sax;
Mike Boone, bass;
Byron Landham, drums

18 marzo, 2009

Il Dio di Jessica Lea Mayfield



god is punishing someone you love
he would've gone too far if he were anyone else
you say your prayers then you do it yourself
you say god is testing us, and i have failed

well i don't wanna be tested by god or anyone else
with blasphemy so heartfelt
i wish death upon someone else
god damn you
that girl she died
for doing me wrong
her mother should've cried
well i don't wanna be tested by god or anyone else

get thee behind me jesus
i'm tired of searching for truth
get thee behind me jesus
i've given up on you

i've loved with my heart
i really do
and in the dark
its light shines through

sometimes i wanna behave like i live in the bible days

Ci sarebbe molto da scrivere sul ritornello di questa canzone, ma non sono espertissimo della materia quindi cercherò di limitarmi. Jessica afferma di avere un animo Dark innato e non vuole che nessuno la giudichi e giudichi la sua vita, la sua capacita' d'amare. Jessica vuole vivere la propria vita senza essere messa alla prova. Quindi di fronte ad un Dio che per provarla, per vedere la sua fedelta' fa morire una persona cara chiarisce : Grazie no, non mi servi.
E come dargli torto ?
Chi amerebbe un Dio così Tiranno, cosi' crudele?
Jessica è arrivata a quel punto della sua vita in cui chiede a Dio di dargli tutta la sua umanita' che è in grado di gestirsela da sola, al di fuori di quella casa abitata da quel tiranno di cui ormai non sa piu' che farsene.
Jessica esce nel mondo e verra' accolta dal mondo come solo il mondo sa fare con un'anima cosi' sensibile.
Quello che Jessica non sa è che quello che ha lasciato alle spalle non è Dio, ma la percezione sbagliata che spesso abbiamo di Lui.
Dio non uccide, Dio ama.
Dio non mette alla prova, Dio perdona.
Quel Dio Vero è da oggi sul balcone ad aspettare il ritorno di Jessica e di un cuore pieno d'amore.
Ma per far questo ci vorrà una vita intera.
La stessa vita occorsa a Nick Cave cui Jessica è stata piu' volte paragonata.
Buon Viaggio umano e artistico.
Le potenzialita' ci sono tutte per arrivare a quella verita' che tanto fatica costa a tutti noi.

09 marzo, 2009

Claudio Roditi - Braziliance x 4 - Resonance Records -




Claudio Roditi has enjoyed a great level of consistency in his career within a Brazilian jazz format. As literate a player as there is on the trumpet and flugelhorn, Roditi's influences stemming from Clifford Brown, Lee Morgan, and Freddie Hubbard are evident, but a sweet patience and virtue that he owns has been the distinctive difference. Always surrounding himself with exceptional, high-level players, on Brazilliance X 4 the band is as great as he has ever employed. Expert Brazilian drummer Duduka DaFonseca, the wonderful pianist Helio Alves, and the excellent young bassist Leonardo Cioglia provide Roditi an extraordinarily talented and cohesive group, one that hopefully can continue to be a working, touring ensemble. This is a very uniform recording all the way through, with Roditi himself virtually wasting no notes, richly rendering this music from top to bottom while featuring source material from a wide range of lesser known composers. Victor Assis Brasil's "Pro Zeca" starts the program in a hot and hip samba jazz, the astounding Alves driving Roditi's quick lyric line handing off to DaFonseca's inventive drum solo. The ultra-melodic Roditi is at his best on the clean and clear composition of Johnny Alf, "Rapaz De Bem," while taking twists and turns in a more complicated piece written by trombonist Raul DeSouza, the upbeat and bright "A Vontade Mesmo." Durval Ferreira and Lula Freire's "E Nada Mais" is the sleek, romantic selection, while João Donato and Paulo Sérgio Valle's "Quem Diz Que Sabe" cleverly modifies the quick samba rhythm while retaining a simple melodic approach. Roditi penned four pieces, including the steamy samba "Dinner by Five" with another showcase for the modal piano of Alves or DaFonseca's unpredictable drumming, and the slow ballad "Song for Nana" accented by chiming piano and Cioglia's soulful bass. The other two contributions written by Roditi are live in-concert pieces, as "Tema Para Duduka" is yet another feature where the drummer fills in the cracks between melody lines, while "Gemini Man" bubbles with excitement as the trumpeter's strutting and stretching trumpet urges the band ahead in an energetic yet effortless framework. There's also a version of the Miles Davis evergreen "Tune Up," a fluid and patient bossa nova adaptation. A collection of tunes quite easy to love, this comes very close to being a definitive modern instrumental Brazilian jazz classic, and will stand as one of, if not the very best recordings Roditi has produced during his successful and fruitful career.
by Michael G. Nastos
All Music Guide

Parole di speranza 2

Carissimi fratelli e sorelle,
guardiamo tutti insieme il pozzo di Giacobbe; vediamo Gesù stanco del viaggio che sedeva presso il pozzo. Gesù è l’incarnazione dell’amore del Padre e nutre per l’uomo tutto l’amore possibile.
Gesù è vero Uomo poiché assume in sé la natura umana per portarla a compimento nella propria persona di Figlio di Dio. In quanto vero uomo, Cristo può essere stanco, affaticato dal viaggio, proprio come ognuno di noi può sentire la stanchezza del vivere.

Parlo a persone che hanno pressappoco la mia età, più o meno (di giovani ce ne sono pochissimi); e tutti quanti sperimentiamo ogni tanto il peso che abbiamo sulle spalle degli anni che sono passati e sovente diciamo “Sono stanco, mi sento stanco”. E’ la stanchezza della vita.
L’immagine di un Gesù stanco è consolante per noi che spesso ci sentiamo pervasi da una stanchezza tanto grande che ci impedisce di vivere, di lavorare; ci impedisce perfino di pregare. Questa sensazione può far nascere degli scrupoli, ci sentiamo deboli e pigri e ci domandiamo se il Signore nella preghiera ci ascolterà. Ci sembra di essere distratti, ci pare che il nostro cuore sia come intorpidito, che la fantasia prenda il sopravvento sulla volontà, cosicché i nostri propositi di incontrarci con il Signore, di pregare, sembrano svanire.
Qualche volta ci accorgiamo che la Messa è finita e diciamo “E’ già finita la Messa, ma io, io, con la mente, con il cuore, dove sono stato?”.
Abbiamo l’impressione che la nostra preghiera sia fragile, incerta, che il nostro dialogo con Dio sia impedito proprio dalla nostra stanchezza.
E invece il Signore ci capisce, perché partecipa alla nostra natura: anch’Egli si stanca e si siede per riposarsi. In questa profonda dimensione umana, in questa perfetta comprensione della condizione dell’uomo, sta la grandezza della figura di Gesù Cristo: Gesù di Nazareth, Figlio di Dio.

E’ questo il motivo per cui il cristianesimo è veramente liberante: la coscienza, le energie, la fiducia dell’uomo, ma anche la sua stanchezza e le sue debolezze diventano parte integrante del percorso spirituale di ogni essere umano, di ognuno di noi, verso la propria santificazione.
E’ importante avere la certezza che il Signore ci capisce in tutti i momenti nei quali sperimentiamo la difficoltà quotidiana, grande o piccola che sia; questa è la nostra fede.

Dobbiamo però notare che la stanchezza di Gesù ha anche un’altra valenza, molto importante: la stanchezza di Gesù simboleggia la stanchezza del cuore di Dio che si affatica ad inseguire l’uomo, il quale fugge e si sottrae al raggio d’azione dell’Amore di Dio.

E allora soffermiamoci su un Gesù stanco.
L’evangelista Giovanni intende dire con questo che l’uomo deve prendere consapevolezza di essere l’oggetto dell’Amore di Dio.
Il Signore ci aspetta sempre, anche quando è stanco, e ci dà l’appuntamento nel luogo, in quel luogo (e ognuno di noi ha il suo luogo) in cui andiamo ad attingere ciò che ci consente di sopravvivere, di mantenere, di sviluppare, di trasmettere la vita: e questo luogo è il pozzo, il nostro pozzo, che è il luogo simbolico dell’unione, dell’incontro d’amore tra l’uomo e Dio.
Dio abita questo luogo, che è paesaggio dell’anima e che diventa la nostra vita di ogni giorno.

Il pozzo, da un punto di vista simbolico, è anche l’immagine dell’io più profondo dell’uomo.
Il fatto che Gesù si sieda presso il pozzo significa che Dio si avvicina all’uomo, alla sua essenza, al nucleo, alla sua personalità; si avvicina a ciascuno di noi.
Se lo guardiamo il Signore, adesso è seduto vicino a ciascuno di noi e ci sollecita ad istaurare con Lui un rapporto d’amore profondamente intimo: Dio si rivolge a ciascuno di noi in quanto persona ovvero in quanto essere individuale.
Il Signore parla sempre al cuore dell’uomo. A Dio non importa che questo uomo sia santo o peccatore; non gli importa che il pozzo sia ricco d’acqua o sia asciutto, che l’acqua sia limpida o inquinata. Dio si siede comunque presso il nostro pozzo e si rivolge al cuore dell’uomo perché soltanto questo gli importa: entrare in relazione profonda con l’essere umano, instaurare con lui un rapporto d’amore e chiedergli, come ha fatto con la donna, “Dammi da bere”.

Il Dio in cui crediamo, quindi, è il Dio che cerca il nostro amore. Egli è l’Onnipotente, non manca di nulla; tutto ciò che esiste è stato posto in essere per opera sua, ma Dio è povero dell’uomo. Eppure il Signore si attesta difronte all’uomo. Il rapporto di amore non può essere imposto o estorto con la forza, ma Dio continua a cercare il nostro amore.

E per concludere ecco l’ultima frase: “Maestro mangia!” gli dicevano i discepoli di ritorno dalla città, in cui si erano recati per fare provvista di cibo.
Ma Lui, Gesù, si era già sfamato, già dissetato: Lui e la donna, in quell’incontro; un incontro che a ognuno aveva lasciato qualcosa.
In lei, la donna, aveva lasciate la percezione incancellabile di aver trovato finalmente Qualcuno che le aveva letto nel più profondo del cuore e le aveva rivolto parole che erano acque zampillanti di vita nuova.
In Lui, Gesù, quell’incontro aveva lasciato la percezione che i campi, induriti per la crosta del gelo dell’inverno, già si aprissero fuori stagione alla fioritura; infatti era fiorita la donna.

“Levate i vostri occhi - diceva Gesù - e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura”.
Oh, Signore ti preghiamo: benedici tutti noi e fai in modo che anche noi abbiamo a fiorire sempre, ogni giorno, al calore della tua Parola e del tuo Amore. E così sia.
Don Enrico Vago