E IL VINCITORE E' :
Essendo i primi due numeri estratti il 21/02/2009 sulla ruota di milano 41 e 55 e la lora somma è pari a 96 il vincitore risulta ( 22 + 22 + 22 + 22 + 8 ) il concorrente numero 8 Walter T. di Cagliari.
Grazie a tutti per aver partecipato e alla prossima.
Simonme
Grazie a tutti per aver partecipato al concorso.
Ecco le vostre preferenze :
1 - Masotto M - Barry White
2 - Lazzarin F - Barry White
3 - Mariani L - Barry White tutta la vita!!
Prende moltissimo e l'intro e' stupendo, ti tiene incollato alle cuffie.
Un vero latin lover che ti fa aspettare quanto vuole.
E da buon latin over, l'attesa e' ripagata ampiaamente.
4 - Blandi S - IL MIO VOTO VA A ASHLEY CLEVELAND
5 - Gipponi L - Barry White.....
6 - Del Col M - il mio voto va a Ashley Cleveland
7 - Chianura A - Voto il brano di Barry White
8 - Torres W - PANTERONE ( Barry White )
9 - D'antone V - Preferisco Barry Withe.
10 - Thieghi M - ashley cleveland
11 - Di Mario A - ashley cleveland
12 - Bongermino F - Come non dare la propria preferenza all’indimenticabile Berry White.
13 - Stroligo R - Io voto per Ashley Cleveland
14 - Risso P - Barry White - Decisamente !!!!
15 - Iannaccaro P - Bellissima interpretazione di Ashley Cleveland. La preferisco decisamente.
16 - Nardiello M - il mio brano preferito è “You’re the first, the last, my everything” di Barry white.
17 - Teruzzi F - La mia preferenza per Ashley Cleveland
18 - Martinelli G - Sicuramente il mitico Barry W.,quando era ancora tra di noi andai a tutti i concerti che fece a Milano dall’84 all’ultimo con gli Earth Wind & Fire (98?)!
19 - Canale C - Barry White
20 - Minoli P - BARRY WHITE : You're The First, The Last, My Everything
21 - Carrera B - barry white
22 - Scuto A - scelgo Ashley Cleveland
Fuori Concorso ( quindi i partecipanti sono 22 ) Veronelli S. - Ashley Cleveland.
Ricordiamo a tutti che domani avverra' l'estrazione per decretare il vincitore del bellissimo cd di Guy Davis. L'estrazione avverra' prendendo come riferimenti i primi due numeri estratti sulla ruota di Milano, li sommeremo e poi procederemo a fare la conta tra i 22 partecipanti.
Alla prossima.
20 febbraio, 2009
16 febbraio, 2009
Parole di speranza.
PENULTIMA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA
(LA PECCATRICE)
15 febbraio 2009 (santa messa ore 12)
(Sia lodato Gesù Cristo; e sempre sia lodato)
Carissimi fratelli e sorelle,
vorrei che tutti insieme facessimo uno sforzo, uno sforzo vero, autentico, sincero: vediamo di ripresentare alla nostra memoria la scena così come è avvenuta in casa di Simone il fariseo.
Gesù e quella donna. Deve essere stata una scena davvero unica, unica.
Arriva questa donna e “da quando sono entrato, mi ha bagnato i piedi con le lagrime e me li ha asciugati con i suoi capelli; da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi; e lei poi mi ha cosparso i piedi di profumo”.
Fossimo stati anche noi a quel banchetto, che cosa avremmo detto?
Certo, una cosa stranissima, veramente strana.
E allora vediamo di fare una riflessione particolare sopra di questo rapporto tra Gesù e la donna, quella donna, e le donne.
Tu, o Signore, eri contento di averla lì ai tuoi piedi. Eri contento che al mondo ci fossero le donne, coi capelli e le lagrime; donne che sanno piangere meglio degli uomini. Ed è una ricchezza che hanno negli occhi, un segno di umile e dolce remissione, quale l’uomo conosce raramente.
O Signore tu sentivi, come uomo, che non avresti mai potuto raggiungerle, le donne, in certe lievità, in certe dolcezze, in certi struggimenti; Tu che eri virilmente più facile, più elementare e semplicista.
E per quel tanto che esse sono diverse (mentre l’uomo volgare le disprezza), Tu le ammiravi come un miracolo, un miracolo fatto da Te.
Eri contento, Gesù, di averle create così e anche forse di essere disceso in terra a vederle e ad amarle come uomo.
Eri lontano dalla marmorea indifferenza degli stoici o dal disprezzo degli asceti immaturi; non ne sentivi il peso, il carcere. Sentivi le ali della carne in tutta la sua candida fragranza.
E altrettanto era lontana da Te una certa pratica della continenza falsa, che tenta di accantonare il sesso come una pagina indecente, scritta in un giorno di distrazione di Dio.
No, Tu non eri distratto; Tu lo sapevi che non ti eri sbagliato e che avevi voluto fare l’uomo e la donna così come li avevi fatti.
E adesso, anche la tua esperienza umana, o Gesù, ti dava ragione; diceva che avevi calcolato bene.
Tu, o Signore, per aver scelto la verginità, non avevi cancellato il sesso dalla tua carne, dalla tua anima, dalla tua vita.
Senza quella grande forza primordiale, non avresti potuto amare la donna (e quella donna) così come la amavi: con uno struggimento, un tremore, un calore che ti scaldava tutto l’essere e discendeva nelle mani in una trepida carezza; le sfiorasti i capelli umiliati, le sollevasti il viso.
Ora anche se la canea degli ospiti ti sghignazzava intorno, non te ne accorgevi neanche.
C’era come un’isola di silenzio inviolabile intorno a Te.
E c’era anche profumo; era il vasetto che aveva spezzato ai tuoi piedi.
Ma era tutta la donna che odorava, come la terra quando piove: la donna madida di pianto, la donna esile e china, dai capelli spioventi come un salice.
Tu ritirasti i piedi, perché volevi che sollevasse il viso.
Allora lei raccolse le sue trecce, se le girò di nuovo attorno al capo; si eresse e apparve in tutta la sua modesta dignità, come una vergine inviolata.
La facesti sedere accanto a Te e, ricordandoti ad un tratto della gente, guardasti intorno quasi con sfida: chi aveva qualcosa da dire, lo dicesse!
Ma nessuno raccolse la sfida; tutti guardarono nel piatto e fecero finta di mangiare.
Facesti segno e portarono un piatto anche per lei; e la prostituta del paese sedette a tavola come una regina.
Carissimi, se la virtù sta nel trattare l’altro sesso con distacco, con freddezza, Tu o Signore non eri virtuoso. Tu non hai mai buttato via i tuoi doni.
E se il cedersi in mercimonio è un disprezzare la tua carne, anche averla in sospetto è disprezzarla;
questa carne che Tu ci hai regalato nel giorno della nascita.
Anzi, in quel giorno l’hai fatta splendere tenera e rosa sotto il cielo, ma ce l’avevi donata già prima: ce l’avevi intessuta con solida architettura d’ossa, con trame lievissime di vene, con la candida seta della pelle, fino dal grembo materno.
E tutto questo per insegnarci che il sesso non è solo un sigillo della carne, ma è un segno totale che articola l’unità della specie e fa parlare il silenzio dell’uomo.
E’ una specie di umana trinità.
E non per niente nel primo libro della tua Scrittura, si dice che Tu creasti l’uomo a tua immagine e lo creasti maschio e femmina.
Se non lo avessi creato maschio e femmina, non lo avresti neppure creato neanche a tua immagine; non avresti specchiato in lui quel pluralismo della tua unità che verifica l’uno nell’altro: il Padre nel Figlio in un perenne dialogo d’amore, lo Spirito Santo.
Non avresti specchiato in lui quel vicendevole dipendere e quel vicendevole crearsi, che è la tua povertà e anche la tua ricchezza.
Non ci avresti creati come Te, poveri e ricchi, capaci di dare e di ricevere, di perderci e di ritrovarci.
E allora, o Signore, ti preghiamo:
“Liberaci, o Signore da quel peccato aristocratico che ci fa disprezzare il sesso, il corpo, la carne, la terra, quasi che fossero la trappola di un altro dio; e non invece l’opera delle tue mani.
E liberaci anche da quell’altro peccato grossolano che ci fa disprezzare lo Spirito, il tuo Regno, il tuo Amore, quasi che siano illusioni e solo la materia, il materiale, sia la realtà.
Dalla carnalità rozza e volgare, liberaci o Signore, come liberasti la peccatrice, come liberasti la Maddalena, come liberasti l’adultera.
Ma dalla carne, Signore, no, non liberarci: lasciaci intatto questo fervore di un corpo fatto d’anima e di un’anima fatta di corpo.
E che non venga una cosiddetta falsa virtù a defraudarci dei tuoi doni.
Fa’, o Signore, che possiamo ancora tremare al rumore di un passo e trasalire al soffio di una voce. Fa’ che possiamo amare Te in un fervore incandescente, in cui la materia e il sesso mai siano estranei.
O Signore, Tu hai amato e perdonato quella donna; ama e perdona anche ciascuno di noi, noi che ci sentiamo peccatori non meno della donna, peccatrice e anche perdonata”.
E così sia.
Don Enrico Vago
(LA PECCATRICE)
15 febbraio 2009 (santa messa ore 12)
(Sia lodato Gesù Cristo; e sempre sia lodato)
Carissimi fratelli e sorelle,
vorrei che tutti insieme facessimo uno sforzo, uno sforzo vero, autentico, sincero: vediamo di ripresentare alla nostra memoria la scena così come è avvenuta in casa di Simone il fariseo.
Gesù e quella donna. Deve essere stata una scena davvero unica, unica.
Arriva questa donna e “da quando sono entrato, mi ha bagnato i piedi con le lagrime e me li ha asciugati con i suoi capelli; da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi; e lei poi mi ha cosparso i piedi di profumo”.
Fossimo stati anche noi a quel banchetto, che cosa avremmo detto?
Certo, una cosa stranissima, veramente strana.
E allora vediamo di fare una riflessione particolare sopra di questo rapporto tra Gesù e la donna, quella donna, e le donne.
Tu, o Signore, eri contento di averla lì ai tuoi piedi. Eri contento che al mondo ci fossero le donne, coi capelli e le lagrime; donne che sanno piangere meglio degli uomini. Ed è una ricchezza che hanno negli occhi, un segno di umile e dolce remissione, quale l’uomo conosce raramente.
O Signore tu sentivi, come uomo, che non avresti mai potuto raggiungerle, le donne, in certe lievità, in certe dolcezze, in certi struggimenti; Tu che eri virilmente più facile, più elementare e semplicista.
E per quel tanto che esse sono diverse (mentre l’uomo volgare le disprezza), Tu le ammiravi come un miracolo, un miracolo fatto da Te.
Eri contento, Gesù, di averle create così e anche forse di essere disceso in terra a vederle e ad amarle come uomo.
Eri lontano dalla marmorea indifferenza degli stoici o dal disprezzo degli asceti immaturi; non ne sentivi il peso, il carcere. Sentivi le ali della carne in tutta la sua candida fragranza.
E altrettanto era lontana da Te una certa pratica della continenza falsa, che tenta di accantonare il sesso come una pagina indecente, scritta in un giorno di distrazione di Dio.
No, Tu non eri distratto; Tu lo sapevi che non ti eri sbagliato e che avevi voluto fare l’uomo e la donna così come li avevi fatti.
E adesso, anche la tua esperienza umana, o Gesù, ti dava ragione; diceva che avevi calcolato bene.
Tu, o Signore, per aver scelto la verginità, non avevi cancellato il sesso dalla tua carne, dalla tua anima, dalla tua vita.
Senza quella grande forza primordiale, non avresti potuto amare la donna (e quella donna) così come la amavi: con uno struggimento, un tremore, un calore che ti scaldava tutto l’essere e discendeva nelle mani in una trepida carezza; le sfiorasti i capelli umiliati, le sollevasti il viso.
Ora anche se la canea degli ospiti ti sghignazzava intorno, non te ne accorgevi neanche.
C’era come un’isola di silenzio inviolabile intorno a Te.
E c’era anche profumo; era il vasetto che aveva spezzato ai tuoi piedi.
Ma era tutta la donna che odorava, come la terra quando piove: la donna madida di pianto, la donna esile e china, dai capelli spioventi come un salice.
Tu ritirasti i piedi, perché volevi che sollevasse il viso.
Allora lei raccolse le sue trecce, se le girò di nuovo attorno al capo; si eresse e apparve in tutta la sua modesta dignità, come una vergine inviolata.
La facesti sedere accanto a Te e, ricordandoti ad un tratto della gente, guardasti intorno quasi con sfida: chi aveva qualcosa da dire, lo dicesse!
Ma nessuno raccolse la sfida; tutti guardarono nel piatto e fecero finta di mangiare.
Facesti segno e portarono un piatto anche per lei; e la prostituta del paese sedette a tavola come una regina.
Carissimi, se la virtù sta nel trattare l’altro sesso con distacco, con freddezza, Tu o Signore non eri virtuoso. Tu non hai mai buttato via i tuoi doni.
E se il cedersi in mercimonio è un disprezzare la tua carne, anche averla in sospetto è disprezzarla;
questa carne che Tu ci hai regalato nel giorno della nascita.
Anzi, in quel giorno l’hai fatta splendere tenera e rosa sotto il cielo, ma ce l’avevi donata già prima: ce l’avevi intessuta con solida architettura d’ossa, con trame lievissime di vene, con la candida seta della pelle, fino dal grembo materno.
E tutto questo per insegnarci che il sesso non è solo un sigillo della carne, ma è un segno totale che articola l’unità della specie e fa parlare il silenzio dell’uomo.
E’ una specie di umana trinità.
E non per niente nel primo libro della tua Scrittura, si dice che Tu creasti l’uomo a tua immagine e lo creasti maschio e femmina.
Se non lo avessi creato maschio e femmina, non lo avresti neppure creato neanche a tua immagine; non avresti specchiato in lui quel pluralismo della tua unità che verifica l’uno nell’altro: il Padre nel Figlio in un perenne dialogo d’amore, lo Spirito Santo.
Non avresti specchiato in lui quel vicendevole dipendere e quel vicendevole crearsi, che è la tua povertà e anche la tua ricchezza.
Non ci avresti creati come Te, poveri e ricchi, capaci di dare e di ricevere, di perderci e di ritrovarci.
E allora, o Signore, ti preghiamo:
“Liberaci, o Signore da quel peccato aristocratico che ci fa disprezzare il sesso, il corpo, la carne, la terra, quasi che fossero la trappola di un altro dio; e non invece l’opera delle tue mani.
E liberaci anche da quell’altro peccato grossolano che ci fa disprezzare lo Spirito, il tuo Regno, il tuo Amore, quasi che siano illusioni e solo la materia, il materiale, sia la realtà.
Dalla carnalità rozza e volgare, liberaci o Signore, come liberasti la peccatrice, come liberasti la Maddalena, come liberasti l’adultera.
Ma dalla carne, Signore, no, non liberarci: lasciaci intatto questo fervore di un corpo fatto d’anima e di un’anima fatta di corpo.
E che non venga una cosiddetta falsa virtù a defraudarci dei tuoi doni.
Fa’, o Signore, che possiamo ancora tremare al rumore di un passo e trasalire al soffio di una voce. Fa’ che possiamo amare Te in un fervore incandescente, in cui la materia e il sesso mai siano estranei.
O Signore, Tu hai amato e perdonato quella donna; ama e perdona anche ciascuno di noi, noi che ci sentiamo peccatori non meno della donna, peccatrice e anche perdonata”.
E così sia.
Don Enrico Vago
10 febbraio, 2009
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