24 aprile, 2006

STEPHEN FEARING


A oltre 20 anni dal proprio debutto discografico Stephen Fearing collezziona al suo attivo ben otto album e un pubblico tanto fedele quanto preparato che non potrà che salutare con il massimo entusiasmo questo nuovo cd: YellowJacket. Come i precedenti anche Yellojacket si caratterizza per la riuscita combinazione di voce e strumenti che sono un marchio di fabbrica del nostro, sia quando è a capo di una vera e propria band, sia quando decide di cavalcare i palchi di mezzo mondo accompagnato dalla sola chitatarra. Ma a differenza degli altri in questo il nostro non è solo l’autore, ma anche il produttore dal momento che la True North ha lasciato carta bianca al suo estro. Il risultato : ogni composizione viene suonata con una grinta ma anche una sensibilita’ particolare e la voce si sente sempre a casa; i generi affrontati sono molti e vanno dalla canzone cantautorale intimista alla tipica ballata Canadian Oriented, dalle melodie alla James Taylor primissima maniera alla grinta di una Joan Armatrading che ancora tutto deve dimostrare. E dire che nel corso della propria carriera non sono mancati i mostri sacri del genere che si sono impegnati in prima persona nei lavori di Fearing , basti pensare a Clive Gregson , Steve Berlin ( Los Lobos ) sino all’amico di sempre Colin Linden. Ma questa vosta Stephen voleva fare un album che sentiva suo, una specie di punto di arrivo e di ripartenza della propria carriera, un manifesto della propria capacità cantautorale. Il risultato è che negli studio Guelph del noto musicista e produttore Scott Merritt ( Fred Ealgesmith dice qualcosa ?) ne sono usciti un insieme di suoni che potremmo in molti casi definire di Van Morrisoniana memoria.
Questo cd ha un secondo punto di svolta perché in molti brani Fearing scopre la bellezza dello scrivere a piu’ mani uscendo cosi dal suo già ottimo bagaglio culturale e musicale per aprire la propria mente ad altri modi di vedere e intendere la musica che finiscono con il donarci un lavoro di primaria qualita’ . Il fortunato co autore prende le sembianze ora di Josh Finlayson con il quale il nostro ha trovato una collaborazione e un feeling che ha permesso in brevissimo tempo di creare motissime pazze, divertenti e profonde melodie che potrete ascotlare nel cd, ora di
Tom Wilson fortunato co autore della Track Song Yellojacket, un vero e proprio inno alla voglia di vivere e cambiare alla ricerca di qualcosa che dia senso a ciò che stiamo facendo. Sembrano canzoni d’altri tempi, tempi in cui ci si poteva concedere il lusso di mettersi in discussione, di capire ciò per cui si stava vivendo, di aver la volonta’ di tracciare e dare un simbolo alla nostra vita. E forse è questo che lo stesso Stephen cerca in questo cd.
Buon Ascolto



Yellowjacket
Stephen Fearing / Tom Wilson
What you dream is what you get, anything can happen
Following the big beat
If your dreams haven’t happened yet, you just keep dreaming
Following the big beat
And they call me Yellowjacket
‘Cause I never run away
I’m Yellowjacket
Come a long way to find the big beat
I left home on a summer’s day,
Took off with the queen of the freeway
Following the big beat
I used to think that the world was bigger
Out amongst the saints and sinners
Following the big beat
And they call me Yellowjacket
‘Cause I never run away
I’m Yellowjacket
Come a long way to find the big beat
You and me
Running behind, following
You and me
Running behind, flying on our feet
I got stuck in Honeytown
Truth is where you find it
Following the big beat
Sugar cane and coming down
I learned to like it
Following the big beat
And they call me Yellowjacket
‘Cause I never run away
I’m Yellowjacket
Come a long way to find the big beat
You and me
Running behind, following
You and me
Running behind, flying on our feet
What you dream is what you get, anything can happen
Following the big beat
Following the big beat
SF - Vocals, Acoustic/Electric guitars/Hammertone
Suzie Vinnick - Harmony vocals
Jeff Bird - Double bass
Gary Craig - Drums/Percussion
Paul Earle - Violin
Ellen Moore - Violin
Elspeth Thomson - Viola
Tom Mueller - Cello
Strings arranged by
Michael Dragoman and SF


IL VOSTRO GIUZIZIO

TOTALE VOTANTI 20

Ottimo 30%
Buono 40%
Discreto 5%
Indifferente 5%
E' il mio genere ma non mi piace 10%
Non è il mio genere 10%

20 aprile, 2006

LA TANZANIA E L'OBOLO DELLA VEDOVA



"E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora, chiamati a se' i discepoli, disse loro :" In verità vi dico : questa vedova ha gettato nel tesoro piu' di tutti gli altri. Poichè tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere" ( Marco 12.41 )

L'evangelista Marco ha tralasciato la seconda parte di questa parabola. Infatti la vedova ringraziò di cuore tutti i ricchi perchè con le loro offerte permettavano ai poveri di Gerusalemme di vivere. Questa parte è accaduta ieri sera durante l'incontro con Bernadette. Bernadette è una "donnona", o meglio, quella figura di mamma vecchio stampo che solo a guardarla da serenita' ai propri figli che è a capo di un orfanotrofio con piu' di 200 bambini in Tanzania. Questa "grande mamma" sta dedicando tutta la propria vita a dare una casa e un'istruzione a bambini abbandonati o orfani. Per aiutarla una nostra concittadina Betty C. una decina d'anni fa ha creato un gruppo di aiuto "economico", le cosidette adozioni a distanza che solitamente si fanno ( parlo per me ) per mettersi un poco la coscienza a posto. In questi dieci anni i bambini che vedavamo soltanto come icone lontane di tutte le ingiustizie ma anche della grande speranza che c'è nel mondo sono cresciuti e hanno cominciato ad andare a scuola oltre che ad aiutare ad accudire i nuovi arrivati.

Ieri sera per la prima volta abbiamo avuto il piacere di incontrare e conoscere di persona Bernadette.
Tralasciando tutto l'aspetto etico e politico sulla povertà in africa quello che piu' ci ha colpito di questo incontro è stata l'umilta', la gioia e la speranza con cui questa "mamma" ci ha ringraziato. Ogni anno doniamo l'equivalente di un a paio di Jeans o di una borsetta appena appena griffata , gesto che sinceramente ha un costo pressocchè nullo per il nostro tenore di vita e questa "mamma"che nulla possiede se non la propria vita che ha donato completamente per amore dei piu' piccoli e deboli , ci ringrazia con le lacrime agli occhi sostenendo che senza di noi nulla sarebbe stato possibile.....


Cara "donnona" dallo sguardo sicuro e dai gesti sereni, noi accettiamo il tuo grazie solo se tu accetti la nostra richiesta di perdono per tutto quello che avremmo potuto e dovuto fare ma non abbiamo ancora fatto. Tu hai dato tutto, noi un poco del nostro superfluo.


CHI E' L'EROINA IN QUESTA STORIA PENSO LO ABBIATE GIA' CAPITO

14 aprile, 2006

PIETRO CONDORELLI


Con la pubblicazione di Quasimodo, il suo terzo album da leader, Pietro Condorelli alza decisamente il tiro delle sue ambizioni e, alla guida di un gruppo più ampio del solito, propone una musica decisamente complessa, che suona spontanea ma allo stesso tempo accuratamente pensata; proiettata verso sentieri di ricerca, ma contemporaneamente orgogliosa di attingere alla grande tradizione jazzistica, della quale non teme di esibire i tratti più sostanziosi.

Un quintetto tromba-chitarra-piano-contrabbasso batteria, innanzi tutto, non è formazione comunissima nel jazz moderno. Il primo esempio che viene alla mente - che forse può anche aver influito nella scelta di Condorelli - è Interplay, il celebre disco di Bill Evans inciso nel 1962 per la Riverside con Freddie Hubbard, Jim Hall, Percy Heath e Philly Joe Jones, lavoro che indiscutibilmente si pone come punto di riferimento imprescindibile per le analoghe formazioni strumentali.

E non può essere altrimenti: un simile organico presenta indubbie difficoltà di organizzazione sonora, che si imperniano sostanzialmente sulla giusta definizione del ruolo della chitarra che, se usata come strumento ritmico, può provocare incontrollabili scontri armonici con il pianoforte. La soluzione trovata all'epoca da Evans - geniale nella sua assoluta semplicità - prevedeva quindi l'impiego della chitarra come uno strumento a fiato, conferendo a Jim Hall un ruolo assolutamente paritetico a quello di Freddie Hubbard.

Hall si comporta esattamente, quindi, come un sassofonista e non viene mai utilizzato come membro della sezione ritmica, à la Freddie Green; anzi, è tale il suo status che, ad esempio in I'll Never Smile Again o nel brano che dà il titolo al disco, è lui in posizione dominante, addirittura anteposto come solista al leader della seduta Bill Evans. Ma tutto l'album Interplay è un misconosciuto capolavoro di arrangiamento per piccolo gruppo, e gran parte di questo insegnamento è perfettamente individuabile nel disco di Condorelli, che troviamo visibilmente galvanizzato nel voler raccogliere, a distanza di quasi quarant'anni, la sfida lanciata da Evans.

Missione, ci sembra, largamente riuscita. Quasimodo è un Interplay per il nuovo millennio, un lavoro nel quale Condorelli dimostra come sia possibile aggiornare, alla luce di quanto è accaduto nel jazz dal 1962 al 2000, le intuizioni di una creatività - quella evansiana - ben lungi dall'aver esaurito la sua influenza. Il suono, per esempio: la sonorità della chitarra di Condorelli è piena, pastosa, ricca di armonici, asciutta quando il brano lo richiede ma mai anoressica per mancanza di energia vitale.

L'abilità tecnica, che al chitarrista non fa evidentemente difetto, non è mai impiegata come una scorciatoia ma sempre con assoluta logica e subordinazione alle necessità della forma complessiva e del mood del brano. Condorelli dimostra di aver bene compreso le difficoltà dell'organico strumentale con cui ha, questa volta, scelto di cimentarsi, e ne esce vittorioso grazie alla capacità di saper variare le atmosfere, accostare i colori, scoprire fresche ed efficaci soluzioni di arrangiamento che rendono Quasimodo un lavoro saggiamente meditato: una progettualità che, comunque, non va mai a scapito dell'immediatezza e della comunicatività.

C'è inoltre, caratteristica non particolarmente comune nella nostra epoca di replicanti, la grande capacità dimostrata dai membri del quintetto di sapersi ascoltare tra di loro, e quella, ancora più difficile, di sapere quando non suonare; dote, quest'ultima, di cui ci sembra ben fornito Francesco Nastro che, proprio per la sua delicatissima posizione all'interno del gruppo, di perno, di cerniera, di collegamento tra la front line e la ritmica, ha più degli altri l'esigenza, l'obbligo diremmo, di sapersi gestire da solo.

Contrabbasso e batteria, nelle capaci mani di Pietro Ciancaglini e Pietro Iodice, costituiscono qui una combinazione di particolare efficacia, della quale ci troviamo ad apprezzare particolarmente l'elasticità e la duttilità. Ciancaglini ha dalla sua un'intonazione perfetta, e la sua evidente ricerca della nota appropriata, "più giusta", non va mai a scapito della chiarezza delle sue linee di basso, sempre assolutamente definite ed estremamente cantabili (ascoltate, ad esempio, come sostiene gli assoli di Condorelli e Bosso in Butterfly).

Iodice vanta una precisione assoluta, e una nitidezza di punteggiatura - in particolare sul piatto - che possono far ricordare batteristi di epoche diverse, ma ugualmente significativi, come Shelly Manne e Jack DeJohnette. A vantaggio di Iodice - ma è tratto distintivo di tutti e cinque - la volontà e la capacità di sfruttare al massimo le dinamiche: questo è un gruppo che sa usare i colori, e sa anche evitare quell'effetto di saturazione dei piani sonori che troppo spesso affligge il jazz attuale.

Fabrizio Bosso è, allo stesso tempo, l'asso nella manica del quintetto e la sua mina vagante: strumentista di grandi doti mimetiche, dimostra di essersi ormai incamminato verso la definizione di uno stile personale, nel quale l'influenza di Lee Morgan, e più in generale dei grandi della tromba bop e post bop, convive senza problemi con quella - non comunissima, e perciò benvenuta - del primo Miles Davis elettrico (e ascoltate No Blues (Ultras) per rendervene conto).

Quel che più conta, ad ogni modo, è che il quintetto di Pietro Condorelli ha tutte le carte in regola per proporsi, speriamo, come gruppo stabile ed operativo. Quasimodo non è il prodotto di una jam session o di una seduta occasionale (e absit iniuria verbis, beninteso; tutti sappiamo quanta grande musica sia il prodotto dell'impulso del momento); ma proprio nella sua voluta e insistita accuratezza, nella sua quasi maniacale attenzione ai dettagli Condorelli dimostra di avere salde capacità di leader e di organizzatore sonoro, lasciando peraltro intravedere ampi margini di ulteriore progresso.

Sta quindi alla critica e al mercato rivolgere a questo disco tutta l'attenzione che merita, così che quello che, con tutta evidenza, ha tutte le caratteristiche per essere considerato un gruppo di respiro internazionale possa continuare a proporre opere di un tale livello.


IL VOSTRO GIUDIZIO

TOTALE VOTANTI : 41 PERSONE

Ottimo 39%
Buono 37%
Discreto 7%
Indifferente 0%
E' il mio genere ma non mi piace 0%
Non è il mio genere 17%

12 aprile, 2006

«Caro Ruini, perché parla sempre di sesso?» Melissa P

Oggi il Corriere Della Sera apre in Home Page con qeusta domanda di Melissa P.

"Caro Ruini, perché parla sempre di sesso?".

La risposta è naturalmente ovvia per chi seguisse anche minimamente gli interventi del cardinal Ruini che, da presidente della Cei, parla con competenza ( naturalmente dal punto di vista dela Chiesa ) e a pieno diritto di tutto ciò che riguarda la vita a 360 gradi quindi anche di Poverta', Economia, Politica, Religione e Religioni, Famiglia, Stranieri, commenta regolarmente i dati Istat, etc etc etc etc....

Quindi la domanda corretta dovrebbe essere : " Caro Ruini, perchè quando parla lei o qualsiasi altra persona oggi culturalmente preparata a nessuno importa nulla di quello che dice a meno che parli di sesso ?"

Penso che la risposta dovrebbe essere data dagli stessi Media....

10 aprile, 2006

SARASOTA SLIM

Il mio nome reale è Gene Hardage, ma sono ovunque conosciuto come Sarasota Slim e sono un vero Florida Guy e , cresciuto a Saratota, devo dir la verita’ sono molto Slim “magro”. Suono da molto piu’ tempo di quanto anch’io possa ammettere e fortunatamente, laddove la mia musica è arrivata attraverso i vari live club e radio locali, sono diventato una sorta di leggenda grazie al mio suono che spesso ricorda gli Allman Brothers ma ha la forza di un live di Johnny Winter. Qui non ci sono trucchi o base preconfezionate, solo io e alcuni dei migliori musicisti di Tampa Bay con i quali abbiamo fatto dell’ottimo blues e R&B.

Ringrazio già da ora tutti coloro che vorranno sostenere la mia musica. In passato ho suonato anche nel vostro paese riscuotendo ovunque un entusiasmo al di sopra del previsto.

Commentiamo ora insieme questo mio cd " Hey Mr. Dj"

I'm Gonna Get You is your classic barn burner shuffle with Elmorish slide played on an electrifried Dobro and old Fender tweed Deluxe amp with additional solos on a real piano and hormonica

Booty Boomerang is a dance in your pants. I chord grove thang with horns, B3, 5 string bass, wailing sax, and wah-wah slide with an attitude. Think Tequila meeets Wooly Bully in 20001

Out o Sight sounds like something Tony Joe White might have done back when he was seeing Pole Salad Annie

Swing Thing is a lightweight swingy-Jazzy-retro-medium-slow-tempo cocktail lounge kind of instrumental with the drummer using brushes, stand up bass, primitive electric guitar tone, ral piano and harmonica

I Found Out a blue-eyed soul ballad with dual vocal parts from me and myself and trasty guitar solo with long circular ending might make ya felle good alll up in there.

I Want To Know why this sounds like me on an old Chess Record with Span, Walter and the gang hollering an drinking way too much.

Call My Name has an old school R&B sound with a signature vibrato guitar riff, electric piano, semi-crooning vocals, and a Betts influenced guitar solo.

Meet Me When The Stars Come Out with a great Carolina Shag dance tune - bouncy 1 - 5 shuffle complete with sing - songy innuendo lyrics.

Booty Boomerang ( return ) your guessed it - here it comes again ! Only this time it's a different sax player taking the solo

A Child Could See It and hear the Robert Crayish vocal melody in this minor Keyed 70's rocker with pseudo-Seattle grungey guitar riffs.

Calypso Joe rambles in circles on the sand like Paul Simon in Graceland, while the horns keep on blowin' your blues away.

Buon Ascolto
Sarasota Slim

IL VOSTRO GIUDIZIO

TOTALE PERSONE CHE HANNO ESRESSO UN PARERE SU QUESTO CD = 16

Ottimo 6%
Buono 38%
Discreto 31%
Indifferente 0%
E' il mio genere ma non mi piace 0%
Non è il mio genere 25%

Chi Non Sono I Nostri Eroi


Secondo un articolo del Corriere Della Sera

L'amministrazione Bush è pronta a bombardare l'Iran anche con bombe atomiche tattiche se l'Iran non rinuncerà al riarmo nucleare. L'obiettivo non sarebbe solo la distruzione degli impianti ma anche il rovesciamento del regime. Il Pentagono ha l'elenco dei bersagli da colpire, primo tra tutti quello del bunker sotterraneo di Natanz per l'arricchimento dell'uranio, e le scorse settimane il presidente George Bush ne ha già discusso con i leader repubblicani e democratici del Senato e della Camera. Un'operazione clandestina è inoltre in corso in Iran per mobilitare le minoranze etniche. Lo afferma sul New Yorker, in uscita il 17 aprile, il Premio Pulitzer Seymour Hersh, il più grande giornalista investigativo Usa, che denunciò il massacro di My Lai nel Vietnam e le torture nel carcere di Abu Ghraib in Iraq


Identita' Europea rilancia : Scott Ritter, l’ex ispettore ONU (ex Marine) demonizzato e diffamato per aver sostenuto che Saddam non aveva armi di distruzioni di massa (le aveva, si sa; e Ritter era stato pagato da Saddam, lo hanno scritto i giornali).
La Casa Bianca secondo lui «Dirà che l’America non può permettere che l’Iran minacci gli USA e che l’America perciò deve agire unilaterlamente».
Ritter ha illustrato le fasi della strategia americana.
Prima, le forze USA bombarderanno alcune installazioni-chiave del programma nucleare iraniano; con la speranza che il colpo basti a provocare la rivolta popolare che detronizzerà gli ayatollah.
Se non accade, è probabile che il regime di Teheran risponda con un attacco a Israele: in tal caso, gli americani lanceranno sull’Iran la bomba atomica.
E’ a questo che secondo la casa bianca bisognava preparare gli europei
.

COME LA PENSIAMO NOI

Un intervento armato contro un Paese nemico può diventare legittimo soltanto con l'approvazione delle Nazioni Unite solo quando L'ONU abbia accertato l'esistenza di una minaccia contro la pace o di un atto di aggressione decidendo cosi' che sia necessario, sotto la sua direzione e il suo controllo, fare ricorso alla forza per ristabilire la sicurezzza internazionale ( artt 39 e 42 ) La Sola Eccezzione a questa regola è rappresentata dal diritto alla "legittima difesa" di uno stato che venga aggredito da un altro stato o da un gruppo di stati. In questo caso lo Stato Aggredito può legittimamente resistere con la forza all'attacco militare, in attesa che il Consiglio di Sicurezza prenda le misure necessarie per ristabilire la pace e l'ordine internazionale ( art 51 )
Bisogna precisare che per aggressione la Carta delle Nazioni Unite intende semplicemente l'uso della forza militare.

Queste insieme di norma fanno parte di quelle regole e di quei principi del diritto internazionale che sono considerati dalla comunita' internazionale come perentoriamente vincolanti per tutti i suoi membri.

PRIMO STRAPPO

Nel Comunicato Conclusivo del Vertice di Washington nell'aprile del 1999 An - Alliance for the 21 Century, in occasione del 50 anniversario della fondazione dell'allenaza atlantica il vicesegretario di Stato Statunitense Strofe Talbott affermava :

La Nato e tutti i suoi membri continueranno a rispettare le prescrizioni della Carta delle Nazioni Unite e dell'Atto finale di Helsinki. Ma nello stesso tempo la Nato dovra' essere attenta a non subordinarsi ad alcun altro organismo internazionale ( ivi compresa l'Onu aggiungiamo noi ) e a non compromettere l'integrita' della sua struttura di comando.

Questo primo strappo è la conseguenza logica da quando alla fine degli anni ottanta gli Usa concepirono il grandioso progetto di un New World Order fondato sulla nozione di Global Security. Questo sistema di Global Security esige una stretta cooperazione tra i Paesi che appartengono alle tre grandi aree industriali del Pianeta ( USA, Europa e Giappone ) soto la leadership politica e militare degli Stati Uniti.

2 STRAPPO

Si è cosi' giunti alla teoria della "guerra preventiva" elaborata dal sottosegretario alla Difesa statunitense Paul Wolfowitz. Questa teoria ipotizza anche il superamento della Nato come alleanza di riferimento e, se necessario, la costituzione di un'alleanza volta per volta diversa a seconda delle necessita' e delle disponibilita' dei vari paesi. Wolfowirtz afferma che l'11 Settembre ci ha aperto gli occhi su un mondo in cui la certezza è un lusso che non possiamo permetterci. Ci sono un mucchio di cose che non sappiamo, un mucchio di cose che forse non sapremo mai, e dobbiamo ridefinire il nostro standard di prova. Il Concetto di prova oltre ogni ragionevole dubbio fa pensare alla legge ma secondo me siamo in una condizione piu' vicina allo stato di guerra che a un procedimento giudiziario.

SINTESI : GLI STATI UNITI SI SENTONO LIBERI DALLE REGOLE DELLA COMUNITA' INTERNAZIONALE E, BASANDOSI ANCHE ESCLUSIVAMENTE SUL DUBBIO CHE UNO STATO POSSA NUOCERE ALLA LORO SICUREZZA SI SENTONO LEGITTIMATI AD INIZIARE SIA UNA GUERRA.


NOSTRE CONCLUSIONI
Quella della guerra preventiva è una teoria che non può essere e non deve essere accettata dagli europei e in Italia dal futuro governo quale esso sia perchè terrebbe l'intero pianeta in uno stato di guerra permanente oltre al fatto gravissimo che tale teoria si pone al di sopra delle regole piu' eticamente sicure e piu' universalmente accettate dal diritto internazionale.

FONTI
CORRIERE DELLA SERA
LA REPUBBLICA
CIVILTA' CATTOLICA
IDENTITA' EUROPEA

08 aprile, 2006

RISULTATO SONDAGGIO JANIVA

Ottimo 17%

Buono 45%

Discreto 17%

Indifferente 3%

E' il mio genere ma non mi piace 7%

Non è il mio genere 10%


Totale Votanti 29
Siamo contenti della vostra partecipazione. Questo ci consente di capire ogni volta quali sono i cd che piu' apprezzate, quali destano la vostra curiosita', e molte volte di cogliere gli scostamenti tra giudizio della critica e nel nostro piccolo, il nostro.

01 aprile, 2006

JANIVA MAGNESS

E' difficile dire oggi chi siano i veri Eroi. Abituati a modelli di forza e bellezza a dir poco perfetti siamo tentati a pensare all'eroismo come a qualcosa che sta al di fuori delle possibilita' della gran parte di noi.
Eppure.... E si, come in ogni storia che si rispetta c'è sempre un eppure....

Ecco allora che noi vi proponiamo chi sono i nostri eroi, persone semplici che con le loro debolezze e i loro limiti hanno fatto qualcosa di grande, hanno riscattato la loro posizione iniziale in questa vita.
La prima eroina è sicuramente Janiva Magness una delle piu' talentuose e conosciute vocalist blues e rotts nel panorama odierno grazie alla sua ventennale passione per la musica del diavolo che l'ha resa celebre in tutti i principali festival d'oltreoceano e conseguentemente del vecchio continente.

Grazie alla sua voce che gronda passione, forte, smokosa, che sa passare con divinvoltura dal jazz al blues fino al soul senza mai perdere di espressivita' la Magness oggi ha saputo catturare uno zoccolo duro di appassionati pronti sempre a darle credito.

Tuttavia nella sua vita non tutto è sempre stato facile. Infatti già prima dell'adolescenza Janiva perde per suicidio entrambi i genitori e a causa del suo carattere difficile non riesce ad addattarsi con nessuna delle famiglie che vorrebbero adottarla. Cosi' a soli 16 anni la nostra è gia una donna emancipata alle prese con la dipendenza e madre di una bimba. Tutto sembrerebbe presagire una delle tante vite sull'orlo di un abisso, ma proprio nel periodo piu' buoio inizia il riscatto.

A 14 anni in una delle tante e ripetitive notti tumultuose della nostra si trova quasi per caso all'ingresso dell'Union Bar indecisa se entrare o meno a causa dei 2 dollari richiesti per l'ingresso.
Quella sera suonava un blues man d'annata, con le mani piene di visciche tanto aveva spremuto la sua chitarra... un certo Otis Rush. " La mia mente si è aperta. Il mio corpo è stato pervaso da qualcosa che non avevo mai provato prima. E' come una boccata di ossigeno che riempie i polmoni sino allora rimasti a secco " Ha avuto inizio cosi' il riscatto della Magness.

L'irriquieta Teenager inizia a cantare e poi a suonare blues come una medicina per riacquistare la voglia di vivere nel triangolo Minneapolis/Chicago/Detroit non mancando mai di ascoltare e partecipare agli show di Albert Collins e Johnny Copeland che amava particolarmente grazie al loro funky e R&B che pervadeva tutti i locali della zona.

Ben presto lei stessa capisce che il blues può essere "usato" non solo come riscatto ma proprio come parte integrante della propria vita e cosi' inizia a suonare e cantare come professionista accompagnando Joanne Hollis.

Passate le turbolenze giovanili, ormai la donna sta prendendo il posto della ragazzina e la Madness inizia cosi' a sperimentare nuovi ruoli musicali ma è il blues il suo amore piu' profondo. Si trasferisce a Phoenix, Arizona, e viene scoperta da Bob Tape direttore musicale di Sam Cooke.
Inizia a formare una propria band che non passa inosservata in citta' e non solo, cosi' concerto dopo concerto la nostra arriva sino a Los Angeles dove è tuttore conosciuta come una bellissima "nonna" quarantanovenne capace di essere allo stesso tempo sfacciata, schietta, bella, coraggiosa perchè vera. Cio' che la Magness canta è il blues autentico della sofferenza che ha vissuto sulla propria pelle, quel blues che l'ha liberata dallla schiavitu' e l'ha riscattata socialmente. Sempre piu' si appassiona alle radici di questa musica e ne ama soprattutto le eroine come Bessie Smith e Ma Rainey cui paga un buon tributo anche in questo album. Musicalmente parlando hanno lasciato le tracce nel modo di cantare vere e proprie leggende come Etta James, Billie Holiday, Elmore James , Robert Johnson, Aretha Flanklin solo per citarne alcuni sino a Memphis Smith e Koko Taylor. Con molti di questi personaggi avrebbe avuto anche l'onore di cavalcare le scene dei piu' importanti festival americani.
Oggi all'apice della sua carriera possiamo ascoltare questo nuovo disco dal titolo emblematico "Do I Move You". E' la forza della musica che ci aiuta a muoverci non solo fisicamente.
Ascoltare un album di Janiva è come essere messi al tappeto da una voce forte, cristallina, un'energia che le è data dalla vita stessa.

Tra i molti apprezzamenti che ha ottenuto ricordiamo :

All Music Guide:“…the line between blues and soul is blurred indeed (and you could add gospel into that mix).”


Delbert McClinton"Janiva sings with a rare conviction. She will not be denied."

Charlie Musselwhite"Janiva Magness always knocks me out because she has such style and poise on stage and she hits every note she sings just right, perfect every time."

Gary Nicholson"Janiva's singing serves the song in the classic and timeless way of all great vocalists, she makes the lyric and melody connect with the listener heart and soul.


"Billboard Magazine "Aiming at an audience disenfranchised by pop radio but not too old to rock-n-roll, Magness is simmering and expressive... never overbearing... Magness carves out a niche by singing the blues with maturity and sophistication...

"Downbeat" Magness vocalizes with no frills gusto... the sound of her voice reverberating from the listener's ear down to the gut."

Blues Revue:"(Magness has) taken the blues and done something unique, inspired and worth countless listenings.

" LA Times:"Magness can belt out a song with speaker-threatening intensity."

"Magness can belt out a song as well as anyone."

"Magness sings with a smoky, savvy quality."

"Magness has a powerful sultry and smoky blues voice and has guested on numerous albums, plus toured with Jimmy Buffett."

Singer Magazine:"Janiva Magness contains some of the most powerful and mature vocal chords I’ve heard in my reviewing days. Her voice is sultry, smoky, and strong with jazz, blues, and soul textures enveloping it."

“Soulful” is the first word that comes to mind when listening to her latest NorthernBlues Music release, Bury Him at the Crossroads. 'Classic' is the second."

Nashville City Paper:"Magness’ voice has a similar unadorned, honest edge and sound. She can belt out or croon lyrics, and she excels on everything in the blues/R&B canon from testimonials and romantic tunes to flamboyant fare and quieter ballads."

BluesWax:"Magness is in possession of a supreme set of pipes and is arguably one of the more talented female vocalists to emerge of late, an opinion shared by more than a few.

""She rocks with a sexual vitality and power not heard in years. Honest, soulful and seductive."

"Janiva Magness' 2004/2005/2006 Handy nominations as Best Contemporary Blues Female Artist are a mere precursor to her winning it ..."