L'autore che proponiamo per la riflessione del Venerdì santo non è certo dei più esemplari: fu archeologo, combattente, agente segreto, avventuriero e saggista. Innamorato del Vicino Oriente, ove aveva vissuto e tramato, era stato così esaltato in patria da essere definito da Churchill come «uno dei più grandi uomini del nostro tempo». Sto leggendo qua e là i Sette pilastri della saggezza (1935) di Thomas Edward Lawrence (1888-1935) e mi colpisce la frase che ho pensato di adattare al giorno della crocifissione di Cristo. Dall'alto della croce più che non dal piedistallo solenne di un trono si riesce a capire il mondo. Da lassù vedi la verità della crudeltà degli uomini, la loro meschinità di traditori, la fedeltà dei veri amici, la generosità di chi rischia la carriera pur di non piegarsi al Crucifige! della massa. Attorno al seggio alto del potere si ha, invece, solo adulazione, falsità, ipocrisia. Ma, se stiamo al Vangelo di Giovanni, c'è un altro valore nella croce di Cristo. Essa ha una forza attrattrice che porta a sé l'umanità: «Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (12, 32). Il crocifisso, infatti, nonostante la grettezza mentale di alcuni, è un «segno universale del dolore umano, della solitudine della morte, dell'ingiustizia prevaricatrice», come affermava Natalia Ginzburg. Ma per i credenti è anche un segno di liberazione, di salvezza e di speranza. Scriveva un'altra donna, Edith Stein (s. Teresa Benedetta della Croce): «La croce si staglia in alto ed è il simbolo trionfale con cui Cristo batte alla porta del cielo e la spalanca per noi».
Gianfraco Ravasi ( fonte Avvenire )
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