26 novembre, 2007
Prostitute, Chi sono i loro clienti ?
Come avrete gia' capito una delle finalita' del nostro blog, accanto a quella di proporre tanta buona musica, è quella di "lottare" per sensibilizzare giovani e meno giovani sul problema della tratta di esseri umani e in particolare quelle che hanno per oggetto bambini ( pedofilia, lavoro minorile etc etc ) e donne ( ancora lavoro nero, prostituzione e via dicendo ).
Quest'opera non avviene solo via rete ma anche nella vita reale attraverso il coinvolgimento delle persone che operano nel blog ( compreso chi sta scrivendo adesso ) in varie iniziative atte a perseguirne lo scopo.
A tal proposito mi sembra utile proporvi un articolo apparso oggi sul corriere della sera dal titolo
Prostitue: Identikit Dei loro Clienti.
"Hanno un'età compresa tra 35 e 40 anni, lavorano, sono single e con un livello di istruzione medio-alto. Preferiscono le ragazze dell'Est che incontrano in hotel, saune o appartamenti, con una frequenza media di una volta ogni due mesi. Ma, soprattutto, scelgono le donne dell'Europa orientale o le cinesi, non solo perché costano meno delle italiane, ma perché con loro soddisfano il «bisogno di affetto e di comprensione».
Eccolo per la prima volta il profilo del cliente delle prostitute straniere «trafficate » (cioè vittime della tratta), così come emerge dallo studio How much? condotto per la Commissione europea dalla Fondazione Ismu (Iniziative e studi sulla multietnicità) con i ricercatori di Transcrime (Università di Trento e Cattolica di Milano) che verrà presentato giovedì a Milano.
I dati sono stati elaborati con lunghe analisi dei forum Internet e da un questionario pubblicato online. Ma un'altra parte della ricerca si è mossa direttamente sul campo e se il profilo del cliente risultato qui è diverso (età tra 23 e 50 anni, sposato, con un partner regolare e uno o più figli, livello di istruzione basso o molto basso, incontri ogni 15 giorni) le motivazioni sono le stesse e il fattore «bisogno di affetto/comprensione» resta ai primi posti. Dice un cliente: «Le ragazze dell'Est sono tutte bellissime, la maggior parte bionde, alte, fatte bene, disponibili. Non fanno le cose come una catena di montaggio un colpo e via, anzi ti portano a casa loro, ti fanno rilassare, ti danno un po' di accoglienza. Mentre le prostitute italiane tendono solo a fare i soldi e concludere alla svelta». Un'altra voce, su Internet: «Gli italiani vogliono sesso, il buon, caro, sano, vecchio sesso. E magari anche un briciolo di affetto, vero o immaginario, che non guasta mai». Stesso concetto ribadito da un intervistato: «Con il sesso molti cercano anche affetto e un rapporto con la donna in generale, spesso l'atto vero e proprio passa in secondo piano».
Numeri e affari Secondo il Dipartimento per le pari opportunità della presidenza del Consiglio, in Italia sono 9 milioni i clienti delle prostitute (che sono stimate in 70 mila, di cui più della metà straniere) con un giro d'affari di 90 milioni di euro al mese.
Lo studio di Transcrime, il primo del genere in Italia, ha cercato di dare un volto al cliente delle prostitute «trafficate» (la maggior parte delle straniere) per capire cosa spinge gli uomini a cercare questo mercato del sesso che si è diffuso nell'Unione Europea a partire dalla caduta del muro di Berlino e ha ormai raggiunto dimensioni preoccupanti.
A questi clienti — così emerge dalla ricerca — non interessa la storia che è alle spalle della prostituta (per loro infatti «la tratta non esiste» o al massimo coinvolge poche persone e le «vittime» della prostituzione sono proprio i clienti «sfruttati a causa del naturale bisogno di sesso tipico del maschio»). Anzi, dicono di preferire le donne dell'Europa orientale o le cinesi proprio perché provengono da Paesi in cui vi è il «dovuto rispetto» per il maschio e quindi manifestano remissività anche nei confronti dei clienti italiani. Dietro questa motivazione, poi, ce ne sono altre due: il bisogno di dominio e il rifiuto dell'emancipazione femminile. E se le prostitute italiane sono sbrigative e pensano solo ai soldi, le mogli/compagne sono viste così: «Ti costringono ad andare in cerca di sesso a pagamento perché quando ti sposano ti promettono che farai sesso tutte le volte che ne avrai voglia (e sennò chi si sposerebbe?), poi usano il sesso come una risorsa, un'arma, uno strumento per ottenere quello che vogliono».
Case chiuseTutti gli uomini contattati si sono infine dichiarati, all'unanimità, per la riapertura delle case chiuse. La regolarizzazione, secondo gli intervistati, costituisce un vantaggio per tutti: per i clienti (garanzia di privacy, igiene e controllo medico), per lo Stato (che può tassare i guadagni) e per le prostitute perché si ridurrebbe lo sfruttamento da parte dei protettori.
L'ultima parte della ricerca riguarda la comparazione dei dati italiani con quelli di tre Paesi europei — Olanda, Svezia e Romania — che hanno una legislazione diversa dalla nostra. Questo aspetto, insieme agli altri, verrà illustrato nel seminario di giovedì a Milano (sala Vismara, via Copernico 1) dagli autori dello studio: per l'Ismu, Marco Lombardi, docente della Cattolica, e Paolo Ruspini; per Transcrime (il maggior centro universitario italiano sullo studio della criminalità transnazionale) Andrea Di Nicola e Andrea Cauduro. Le conclusioni di How much?, secondo Lombardi, «serviranno ora a sviluppare politiche innovative per combattere il traffico di esseri umani anche in un quadro normativo diverso da quello attuale». Perché, dice a questo proposito Di Nicola, «una cosa abbiamo capito: la politica dello struzzo in Italia non paga. Meglio intervenire piuttosto che non fare niente»."
Si vuole ringraziare per questo post il Corriere Della Sera e Metropoli ( Repubblica ) da cui la quasi totalita' delle notizie sono tratte.
24 novembre, 2007
Sergio Veschi Presenta Vito Di Modugno e L'Organ Trio
Ciao Sergio, parlaci un po’ del nuovo lavore di Di Modugno :
Dopo alcuni anni e dopo l’innegabile successo di Organ Grooves, il suo primo disco come leader per la Red Records, torna in pista Vito Di Modugno con un nuovo gruppo, un nuovo lavoro e un nuovissimo repertorio. Nel suo gruppo l’inserimento di Pietro Condorelli si rivela particolarmente felice perché il suo modo di suonare, quieto e rilassato, è in qualche modo speculare a quello di Vito Di Modugno. Il repertorio è simile a quello Blue Note Oriented del primo ma lo scavo in profondita’ nel linguaggio e negli arrangiamenti è molto piu’ marcato con consistenti aggiornamenti ad esperienze piu’ recenti e a pubblici piu’ eterogenei che includono sia jazz fans hardcore che quelli piu’ apparentemente sofisticati del free ma anche la fascia piu’ popular e funky.
Chi sono i musicisti che hanno piu’ di altri influenzato Vito e gli altri componenti del gruppo in questo cd ?
In realta’ la session ha dato vita a due Cd, questo è il primo, e accanto a grandi temi di Mingus, Silver, McLean, Henderson, Blue Mitchell, ci sono anche Corea, Jimi Hendrix, Jaco Pastorius, Eddie Gomez, Ornette Coleman, Cedar Walton e Bobby Watson oltre ad alcuni originals di Di Modugno che mostrano come il leader e e i suoi compagni padroneggino con serieta’, rigore, entusiasmo e sopratttutto feeling i diversi aspetti della storia del jazz moderno, in tutte le sue sfaccettate sfumature, senza complessi.
Se non ci inganniamo c’è un brano speciale in questo cd, ce ne vuoi parlare ?
Si, si tratta di Triss, il brano di Vincenzo Deluci, lo sfortunato trombettista pugliese che è rimasto paralizzato in un incidente d’auto ed al quale il cd è dedicato. Il brano ci sembra particolarmente riuscito per la vena melodica e il colore che ricorda molto alcuni melos balcanici e medio orientali.
Ti va di spendere qualche parola anche per il brano originale inciso durante la registrazione dall’Organ Trio ?
Si tratta della Zita Di Ceglie che è un brano scherzosamente improvvisato in studio e coniuga un non improbabile connubio fra pizzica, blues e jazz, cosa questa che sembra aver interessato non poco anche altri musicisti di jazz in tempi recenti.
Nel cd, oltre alla formazione originale, appaiono come ospiti Michele Carrabbia e Pino Di Modugno, padre di Vito. Ce li vuoi introdurre ?
Michele Carrabba al sax trenore suona in quattro brani e da’ agli stessi il colore e il calore di un sassofonista dalla grande e bella sonorita’, sostenuta da una tecnica eccellente e un feeling possente quanto incendiario che però sa essere anche molto smooth come nel blues di Vito “The Big”. E’ veramente sorprendente come un sassofonista di questo livello sia cosi’ poco conosciuto in Italia dove mi sembra abbia ben pochi rivali.
Pino Di Modugno, padre di Vito e di un altro figlio chitarrista che insegna al conservatorio di Bari, conferma, nei suoi brevi interventi, tutta la sua classse di grande fisarmonicista dalla tecnica e musicalita’ impressionante e dalla inesauribile vena musicale. Un uomo e un musicista che potrebbe ancora riservare delle sorprese, nonostante i suoi anni che hanno da poco superato i 70, e che chi vuole meglio conoscere può ascoltare nel cd Bedouin.
Parlaci ora di Massimo, Pietro e Vito , gli architetti musicali di questo lavoro
Massimo Manzi è oggi uno dei batteristi piu’ richiesti a livello nazionale e il suo contributo alla riuscita della session è fondamentale.
Pietro Condorelli si conferma solista e accompagnatore di classe e cis embra aver trovato un perfetto equilibrio nelle sue linee melodiche, che ricordano spesso i sassofonisti, fra sonorira’ e fraseggio.
Infine, Vito Di Modugno all’organo si conferma piu’ che eccellente come strumentista, solista e leader. Credo possa essere annoverato senza difficolta’ fra i migliori specialisti dello strumento in attivita’ a tutti i livelli. Questa non è un’affermazione fatta per il gusto di farla o di stupire. Abbiamo avuto l’opportunita’ di ascoltare, sia dal vivo che su disco, altri organisti ritenuti giustamente al top e rispetto ad essi Di Modugno non ha alcun problema. Anzi potrebbe crearne a diversi di loro. Basta solo ascoltare e confrontare senza pregiudizi né favoritismi. Tra l’altro non dimentichiamo che oltre all’Hammond Vito suona anche il piano, in cui è dipolomato, e il basso acustico ed elettrico, e si contraddistingue per un tasso tecnico elevato, un blues feeling feroce, una fantasia melodica e e armonica sofisticata e viscerale che gli permettono di volare con la mano destra e fare sull’organo fraseggi che spesso solo i pianisti fanno e che sul suo strumento sono decisamente inusuali, un drive ritmico, sentire e analizzare le sue linee di basso con la mano destra, consistentemente ad alto livello.
Chi sono i padri musicali di Vito ?
Ovviamente i suoi riferimenti, come per tutti gli organisti, sono palesi e portano il nome di Jimmy Smithe e soprattutto Larry Young: uno padre dell’Hammond B3 e l’altro quello dell’organo moderno o meglio dell’organo nella post Coltrane Age.
Ci vuoi ora dire cosa pensi di questa formazione e se ti ritieni soddisfatto di questo lavoro ?
L’Organ Trio, con o senza ospiti, suona in modo espolosivo, divertente e sa catturare l’attenzione di chi lo ascolta. La scelta del repertorio e gli arrangiamenti è molto azzeccata poiché non solo i temi sono molto belli, anche se spesso noti purtroppo solo ad una fascia ristretta di pubblico, ma sono arrangiati e suonati con slancio, vivacita’ , calore, fervore e risplendono di nuova luce. A cominciare dalla sonorita’ per esempio, anche sul piano elettrico. L’Organ Trio ha un suo suono e non ricorda altri che se stesso sia pure con i dovuti collegamenti con una tradizione che si vuole non solo rispettare ma addirittura rinverdire e modernizzare. Basta ascoltare l’inizio di Haitian Fight Song per accorgersi da che parte tira il vendo di Organ Trio che è decisamente soul, blues, jazz e non solo. Credo che Charlie Mingus sarebbe contento di sentire come l’Organ Trio suona il suo brano: con rispetto, riverenza, amore facendolo risplendere di nuova luce e di nuovi suoni.
A questo punto non ci resta che augurare a tutti Buon Ascolto e Buon Divertimento oltre che ringraziare Sergio per la sua disponibilita' e per la sua grande passione.
Nato a Bari, intraprende giovanissimo gli studi musicali sotto la guida del padre (Pino Di Modugno noto fisarmonicista) studiando pianoforte, organo, basso elettrico e contrabbasso. La sua prima esibizione in pubblico avviene all’età di cinque anni e nel 1973 debutta ufficialmente nell’orchestra del padre.
Dal 1976 studia pianoforte col M.° Binetti conseguendo il diploma nel 1984. Nello stesso anno è premiato al concorso "Coppa Pianisti d'Italia". Frequenta inoltre alcuni corsi di perfezionamento pianistico con i M.stri Medori e Caporali, e dei seminari jazzistici con Michael Brecker e Pat Metheny e infine i corsi di Siena Jazz.
Dal 1996 al “99 è in tournee con Patty Pravo, partecipando alla realizzazione di due cd e un dvd.
Dal 2002 incide per la “Red Records” realizzando vari cd: “Organ Grooves”, che lo vede in veste di leader in compagnia dei musicisti Sandro Gibellini (chitarra), Fabrizio Bosso (tromba), Stefano D’Anna (sax tenore), Massimo Manzi (batteria) e Pino Di Modugno (fisarmonica), “Bedouin” di Pino Di Modugno, “Paradoxa” del pianista siciliano Salvatore Bonafede, e il suo secondo album da leader intitolato "Organ Trio" con Pietro Condorelli (chitarra) e Massimo Manzi (batteria).
Nel 2003 viene eletto tra i migliori nuovi talenti nel referendum “Top Jazz” indetto dalla rivista “Musica Jazz”.
Ha tenuto dei concerti come solista con l’Orchestra Sinfonica “Arturo Toscanini” di Parma diretta dal M° Beppe D’Onghia, interpretando il concerto per gruppo e orchestra sinfonica dei Deep Purple composto dall’organista Jon Lord.
Insegna a Bari presso la scuola "il Pentagramma" ed il Conservatorio “N. Piccinni”.
COLLABORAZIONI DISCOGRAFICHE
Pino Di Modugno, Fabrizio Bosso, Massimo Manzi, Sandro Gibellini, Stefano D’Anna, Pietro Condorelli, Patty Pravo, Guido Di Leone, Michele Carrabba, Mario Rosini, Michele Di Monte, Mimmo Campanale, Giovanni Tommaso, Tiziana Ghiglioni, Salvatore Bonafede, Lorenzo Tucci, Pietro Ciancaglini, Jazz Studio Orchestra, Gianluca Petrella, Mariella Carbonara, Michele Fazio, Mino Petruzzelli, Claudio Colasazza, Rocco Zifarelli, Articolo 31.
23 novembre, 2007
Può La Musica Chiuderci In Noi Stessi ?
"Dicono che la musica abbia per effetto di elevare l'anima Sciocchezze! Non è vero. Agisce, agisce tremendamente, ma non nel senso di elevare l'anima; non la eleva né l'abbassa, la esaspera. Amo tanto la musica e, perciò, non volevo lasciar passare la festa di s. Cecilia senza parlare di quest'arte. Sono, allora, andato a cercare un passo significativo e ho pensato a qualche testo che avesse la musica nel titolo e m'è venuto subito in mente La sonata a Kreutzer (1889-90) di Tolstoj, racconto terribile ma possente. E ho trovato questa frase anch'essa terribile che, però, non può essere facilmente accantonata. Certo, sappiamo che il grande Cervantes era convinto che donde hay música, no puede haber cosa mala e lo stesso Lutero in un suo scritto intitolato Frau Musica ribadiva che «non può esserci animo cattivo dove cantano gli amici». Tuttavia non bisogna dimenticare che già i Greci sapevano che, accanto alla musica «apollinea», fonte di armonia, bellezza e gioia, c'è anche la musica dionisiaca che acceca, travolge e sconvolge. E qui il pensiero corre, senza voler essere troppo raffinati o prevenuti, a certe espressioni della musica giovanile di oggi: prima ancor di parlare di «rock satanico», ciò che sconcerta è appunto l'esasperazione che quel suono induce, spaccando i timpani, torturando il cervello, isolando la persona in uno stato irrazionale, generando reazioni fisiche sguaiate, eccitate da alcol e droga. Difficile è, a quel punto, stabilire la frontiera tra musica e suono devastante, tra ebbrezza e accecamento. Ma, lasciando a parte questo estremo, è un po' vero per tutti che la musica può essere sia uno strumento di esaltazione interiore, di luce e di liberazione, ma anche di esasperazione, di inasprimento, di sofferenza, di svelamento del vuoto che è in noi. "
Tratto Dal Mattutino Di G. Ravasi
05 novembre, 2007
Give Us Your Poor
Necessita’ ( e diritti aggiungiamo noi ) basilari come un tetto sopra la propria testa e del cibo in tavola – attenzione, non si tratta di qualcosa di superfluo ma di vere e proprie esigenze primarie per la sopravvivenza – non sono garantite.
E la sola lidea che oltre un milione di senzatetto siano ragazzini fa sanguinare il mio cuore.
Qui non si tratta di aspettare una cura che qualche scienziato possa trovare in futuro per risolvere il problema. Gli Homeless sono qui, ora….
Potremmo risolvere questo problema velocemente se solo ve ne fosse la volonta’.
Ci sono molte persone buone la fuori che vogliono fare qualcosa e alcune volte tu devi solo trasmettere il loro messaggio.
Jon Bon Jovi
Uno studio condoto nel 2001 dalla Conferenza dei Sindaci di 27 grandi citta’ americane mostra che i rifugi per homeless rifiutano il 37 per cento delle persone a causa del sofraffollamento.
Le statistiche per le famiglie di homeless sono ancor piu’ tragiche : il 52 per cento non hanno accesso alle case di accoglienza per Homeless.
Il 41 per cento del totale degli homeless è costituito da famiglie.
Un homeless su quattro è un bambino al di sotto dei dieci anni.
Il 43 per cento degli homeless lavora !
Secondo il Department of Veterans Affairs ogni notte uomini e donne veterani vanno a dormire in un posto che non può essere chiamato “casa”.
Il 40 per cento degli homeless hanno fatto parte dell’Us Armed Forces ( esercito americano ).
Tutti noi abbiamo conosciuto la grande solitudine che accompagna queste persone e abbiamo imparato che l’unica soluzione è l’amore e che solo l’amore conduce alla comunita’ “
La missione di “Give us your poor “ è di creare una rivoluzione nell’opinione pubblica nel dissipare preconcetti e inspirare azioni per porre fine al problema dei senza tetto negli Usa.
Essa lavora per portare cambiamenti a livello politico, per cercare volontari e contributi a livello individuale e di organizzazioni attraverso i media e l’educazione, e per dare supporto alle organizzazioni patner a favore degli homeless. Essa si basa sul convincimento che il problema dei senza tetto è risolvibile e che lo si debba risolvere tutti insieme. Give Us Your Poor è stata fondata nel 1999 e fa parte della Massachusetts Boston’s McCormack Graduate School Of Policy Studies. Parte dei proventi della vendita di questi cd andranno all’organizzazione. Alla stessa verranno dati molti cd al costo di produzione al fine di ottenere direttamente fondi con la vendita.
Ci sono voluti due anni per creare questo cd il cui scopo è quello di raccogliere fondi a favore dei senza tetto. Questo cd ha visto la luce grazie alla collaborazione tra la Appleseed Recording e l’organizzazione no profit Give Us Your Poor e ha il pregio di riunire musicisti affermati , attori impegnati socialmente e musicisti che in passato o tuttora sono degli homeless in un lavoro che raccoglie nuovei ncisioni che testimoniano la crescente crisi dei senza tetto in America . Nel dar vita al cd ci sono state frequenti forme di collaborazione tra i musicisti che hanno donato il loro tempo e la loro musica e i loro fratelli homeles scrivendo canzoni che hanno il pregio di riflettere su un’esistenza condotta senza la garanzia di aver un alloggio, del cibo o qualsiasi altra semplice necessita dell’esistenza umana. ( i cosidetti bisogni primari ). La quasi totalita’ dei profitti realizzati dalla vendita di questo cd saranno donati ad organizzazione che prestano opere benefiche a favore dei senza tetto.
Musicalmente parlando in Give Us Your Poor vi si possono trovare una vasta gamma di artisti, generi e stili musicali diversi che fanno del un’esperienza avvincente e godibile oltre che educativa.
Tra gli artisti di alto profilo ricordiamo :
Bruce Springsteen, Jon Bon Jovi, Keb Mo’, Natalie Merchant, Bonnie Raitt, Madeleine Peyroux, Mark Erelli e molti altri. Ma la parte del leone la fanno gli aritsti homeless. All’interno del cd sara’ possibile trovare un bellissimo booklet dove i singoli cantanti spiegano i propri motivi personali che li hanno indotti ad aderire a questa iniziative.
A tal proposito ascoltiamo le parole di John McGah, Direttore di Give Us Your Poor :
L’essere homeless ti disconette dagli altri. La musica invece ti connette. E’ molto semplice. Come dice il mio amico Montreville Blakely, un cantante chitarrista di Washington, “L’arte è un ottima medicina”. In particolare la musica per sua natura dona speranza mettendo in contatto le persone in un modo che le parole non potrebbero. Ti permette di sentire quello che il musicista prova in quel momento e questa “comunione” avviene indipendentemente dall’eta’, dallo stato sociale o dal tipo di vita del musicista o dell’ascoltatore. Ma al di la’ dell’aspetto spirituale la musica può cambiarci nel modo di vivere e come prendere le decisioni. “ Il ruole dell’artista è mostrare che è possibile” è ciò che ha detto Bruce Spingsteen . Essa da forma alle azioni.
La cosa piu’ sorprendente in questo progetto è stata la risposta delle persone cui abbiamo chiesto un coinvolgimento. Pensavamo che pochi artisti rispondessero al nostro appello e solo una piccola percentuale degli homeless contattati si sarebbe fatta viva. Invece è accaduto proprio l’opposto. Centinaia di musicisti hanno dato immediatamente il loro consenso. Berkee College Of Music e Give Us Yor Poor si sono rivolti a centinai di artisti homeless o ex homeless per chiedere se potessere prestarci la loro voce o la loro musica. Gli artisti celebri ne sono stati immediatamente coinvolti. Se volevamo la loro autorizzazione ad usare la loro musica allora chiedevano di poter aiutare il progetto e poterne far parte. Quando poi abbiamo diffuso la voce tra gli artisti indipendenti abbiamo ricevuto 775 demo ed è stato difficilissimo ascoltarli e fare una scelta.
All’inizio eravamo intenzionati a produrre la colonna sonora per un documentario sul fenomeno degli homeless coinvolgendo solo celebrita’. Incontrai Mark Governor, un curatore di colonne sonore di Hollywood, in un tavolino della stazione dei treni di Boston, tra gli homeless che spesso la abitano o vi dormono. Mark mi disse “ Ho lavorato alla colonna sonora sul documentario. Penso sia una buona idea che può aiutare ad accrescere la consapevolezza del fenomeno. Ma che ne dici se mettessimo inisieme artisti homeless con delle star e farle lavorare insieme ? Immediatamente sono rimasto fulminato dall’idea.
Il modello era quello di raccogliere dei demo da musicisti homeless provenienti dall’intero territorio statunitense. Ma come fare ? Non ne avevamo idea. Ci associammo con due studenti della Umass di boston, quattro eccellenti studenti del Berklee College e quattro membri della facolta piu’ un ottimo numero di volontari. Poi mandammo la notizia del progetto a molte associazioni che aiutano gli homeless e ai vari patner della Give Us Your Poor. La Ronald Corporation ci ha donato quattro piastre di registrazione portatili Alcuni Homeless inviarono dei demo, altri li incontrammo direttamente per registrarli, ad altri ancora inviammo l’equipaggiamento per la registrazione. Ricevemmo un mucchio di materiale e la maggior parte dello stesso era di ottima fattura. Questa era veramente musica, espressione dello spirito umano, alcune volte scritta da persone che hanno passato momenti realmenti duri durante i quali i loro sogni si incontravano con i loro demoni. Ci sentimmo come dei custodi di registrazioni sacre e le trattammo come tali.
Il maggior aiuto lo abbiamo ottenuto naturalmente grazie alla Appleseed e al suo boss Jim Musselman. La Applessed è una delle piu’ grandi etichette indipendenti la cui missione è quella di promuovere un modello di business “socialmente sostebibile” come diremmo noi oggi. La Applessed ha contribuito alle neccessita’ donando tempo, contatti, soldi, cuore e anima per far si che questo progetto vedesse la luce. E’ stata una partnership reale ma soprattutto una grande lezione di vita. Grazie Jim e a tutti quanti alla Appleseed.
Molte ricerche e esperienze sul campo dimostrano come ci siano delle soluzioni praticabili per combattere il fenomeno o per lo meno per aiuare gli homeless nei loro bisogni primari e questo per il solo scopo di essere il paese che ameremmo effettivamente essere. Per maggiori informazioni visitate il sito www.giveusyourpoor.org
Spero che passerete un ottimo tempo quando ascolterete questo cd. Forse proverete un senso di speranza, magari danzerete un poco, magari abbraccerete i vostri figli un po’ piu’ forte. La sola cosa che spero veramente è che questo cd sia l’esempio per ricordare che gli homeless, benche’ senza una casa e privati dalle neccessita’ piu’ elementari, possono essere persone creative, amabili, talentuose, con una profonda capacita’ di “connettere” persone.
Questo cd vorrebbe aver lo scopo di far incontrare persone e rendere reale la percezione che cambiare sia possibile. Ma soprattutto questo cd vuole dimostrare che l’amore esiste.
02 novembre, 2007
Ciao Caro Don...
Don Oreste Benzi, morto la scorsa notte a Rimini, aveva riservato appena ieri il suo ultimo intervento alla vicenda di Giovanna Reggiani. "Chi non rimane sconvolto, addolorato, sdegnato venendo a conoscere ciò che il giovane romeno ha fatto alla povera Giovanna Reggiani a Roma? Al di là dell'emozione bisogna però usare la ragione", aveva commentato il sacerdote, la cui associazione, la Comunità Papa Giovanni XXIII, opera in Romania da una decina d'anni. "I funzionari della polizia romena con i quali collaboriamo nel rimpatrio delle giovani romene da noi liberate (nel 2006 ne abbiamo riportate in patria 60) - affermava il religioso - ci dicono: 'i lupi feroci siete voi italianì. Voi oggi in Italia sbranate più di 30.000 ragazze romene, delle quali in partenza il 50% sono bambine. Siete voi che foraggiate, mantenete i criminali romeni che le sfruttano e le tengono schiave con almeno duecento milioni di euro all'anno di guadagno. Sono i vostri maschi italiani che pagano i delinquenti romeni. Noi dobbiamo chiedere perdono alla signora barbaramente massacrata. Ma voi dovreste stare in ginocchio tutto l'anno perchè tutto l'anno massacrate le nostre bambine. Siete voi italiani delinquenti che chiamate i nostri delinquenti romeni, e i vostri delinquenti sono molto, ma molto di più dei nostrì". "E hanno ragione", sosteneva don Benzi : "I componenti dell'osservatorio nazionale sulla prostituzione, compresi i cattolici, non hanno voluto seguire le direttive del Dicastero della Chiesa sui Migranti, che chiede di proibire la prostituzione e di punire i clienti come chiediamo noi. Non hanno voluto colpire questo fenomeno includendolo nel pacchetto sicurezza, non si sono preoccupati di liberare le ragazze sfruttate. Questa è la grande ipocrisia dilagante oggi. Abbiamo mandato tante ragazze a raccontare le loro incredibili storie di sfruttamento nelle televisioni italiane, a cosa è servito?". Don Benzi aveva chiesto al ministro dell'Interno Giuliano Amato "di emanare un decreto urgente a norma dell'art.3, n.9 della legge 75/58, con la precisazione di tutti gli atti di favoreggiamento e di adescamento, compreso li sequestro della macchina del cliente, che sono oggi impuniti, in modo da rendere impossibile al cliente l'avvicinarsi alle donne". "Un altro errore gravissimo - aveva ancora ammonito - si sta compiendo oggi: lo sgombero dei campi nomadi senza avere prima preparato loro il posto dove collocarli. Così aumenta il disagio e si accresce la criminalità".
Sono sicuramente parole forti di una persona che ha amato le vittime di questo traffico ignobile. Anche noi ogni sera vediamo in pochi chilometri ( max 10 ) ragazze giovani e meno giovani rumene che, come in una catena di montaggio, vengono continuamente addescate e usate da uomini. Qui usiamo il termine uomini e non italiani perchè il fenomeno è trasversale alla nazionalita'. Infatti vediamo italiani, ma anche nigeriani, albanesi, francesi, inglesi.... cosi' come è trasversale il ceto sociale e l'eta'. Tutti costoro, dal libero proffessionista all'operaio, dall'immigrato irregolare allo studente Erasmus sanno benissimo dove vanno a finire questi soldi. Spesso nella piramide della creazione della ricchezza lo sfruttamento della prostituzione è il primo passo per ottenere il "capitale" iniziale che permette di entrare in traffici piu' redditizi quali armi e droga. Quindi chi controlla le ragazze non sono grandi organizzazioni "mafiose" ma schegge impazzite che tentano di ottenere visibilita' nel mondo della malavita e per questo ancor piu' pericolosi in quanto pronti a tutto. Bloccando questo traffico, insieme ai patti di legalita' con i Rom che veramente amano il nostro paese e vogliono restarci per integrarsi non risolveremo il problema , ma sicuramente faremmo grandissimi passi avanti.
C'è la volonta' politica e la forza etica per fare ciò ?
Oppure è piu' facile mandarli via come se poi non tornassero con il primo bus ?