Il Centro Studi “Il Giardino dei Suoni”
presenta
“SUONI DAL MEDITERRANEO”
Decimo Festival di Musica Etnica
www.suonidalmediterraneo.it
Ideazione e Direzione Artistica: Ruggiero Inchingolo
Andria 01-02-03 agosto 2008
Piazza Catuma e Palazzo Ducale
con il contributo di:
Assessorato alla Cultura del Comune di Andria
con il sostegno di:
Assessorato al Mediterraneo della Regione Puglia
con il patrocinio di:
United Nations Educational Scientific Cultural Organization (UNESCO) Commissione Nazionale Italiana
Assessorato alla Cultura della Provincia di Bari
I più grandi artisti della musica etnica e popolare, in dieci anni di storia, di immagini, di emozioni, di sperimentazione e ricerca musicale, di coinvolgimento popolare e di crescita culturale. Il festival, organizzato dal Centro Studi “Il Giardino dei Suoni”, sotto la Direzione artistica di Ruggiero Inchingolo e la collaborazione organizzativa di Alessandro Buongiorno, giunge quest’anno alla decima edizione confortato da un grande successo di pubblico e di critica (10.000 presenze nella scorsa edizione), qualificandosi anche quest’anno come l’evento più atteso ed importante della zona “terra di Bari”,
TEMA CONDUTTORE
Come afferma l’ideatore dell’evento, il tema conduttore dell’edizione 2007 è una sintesi di contenuti culturali già evidenziati nelle scorse edizioni proprio con l’intento di celebrare il decennale. Non a caso sono state invitate oltre alle nuove formazioni, anche alcuni degli artisti delle precedenti edizioni.
P R O G R A M M A E D I Z I O N E 2008
Africa, danze, bande, cinema, paranze, barbieri, pizziche e tarante
60 il numero degli artisti impegnati con concerti, seminari, proiezioni, corsi di danza popolare, concerti-lezione, presentazioni e pubblicazioni musicali.
• 2 concerti all’insegna della pizzica salentina in memoria di “Pino Zimba”.
Nella serata di Venerdì 1 agosto (Piazza Catuma, ore 21.30) si esibirà la “Tradizionale Salentina Dop” con la presentazione del nuovo repertorio e relativo CD curato dall’organettista Massimiliano Morabito sulla riproposta di pizziche e tarantelle della tradizione orale pugliese. Subito dopo seguirà il gruppo “Zimbaria”, con un ricco repertorio di pizziche trascinanti, per omaggiare un’ icona del Salento, il grande cantore e tamburellista salentino Pino Zimba, recentemente scomparso, che nel 1998 ha inaugurato il Festival “Suoni dal Mediterraneo”.
• 2 concerti all’insegna del dialogo interculturale e della solidarietà dove l’Africa e la Puglia si incontrano.
La serata di Sabato 2 agosto (Piazza Catuma, ore 21.30) vedrà impegnata la “Gangbè Brass Band” una inedita orchestra africana fatta di ottoni dirompenti provenienti dal Benin ed il gruppo di Mimmo Epifani, erede della tecnica del mandolino "alla barbiere" di S.Vito dei Normanni. Al termine del concerto i due gruppi daranno spazio a una improvvisazione collettiva già sperimentata in passato, proprio nel rispetto di uno degli obiettivi principali del festival che aspira a concepire la musica come un mezzo comunicativo efficacissimo atto a facilitare il percorso di integrazione tra popoli diversi, verso una via possibile al dialogo interculturale. Non mancherà lo spazio dedicato alla solidarietà verso il popolo africano. In tutte e tre le serate un punto informativo della ONLUS “Insieme per l'Africa”, sarà presente in Piazza Catuma, con l’intento di raccogliere offerte per finanziare un progetto che prevede la costruzione di due aule scolastiche che ospiteranno più di 100 bambini della città etiope di Zway.
• 2 concerti dedicati alle musiche dei riti e ai linguaggi musicali d’avanguardia.
La serata di domenica 3 agosto (Piazza Catuma, ore 21.30) si aprirà con una banda e una paranza del sud Italia rappresentate rispettivamente dalla: Fanfara Populara, formazione d’avanguardia sempre alla ricerca di nuovi linguaggi espressivi sul solco della tradizione, che presenterà il suo nuovo repertorio e relativo CD;
Simone Carotenuto e i Tammorrari del Vesuvio con le tammurriate e i canti alla stisa di invocazione alla madonna presenti in alcune processioni tipiche dell’Agro Nocerino.
• 1 presentazione cinematografica, in anteprima assoluta, sulla ricerca dei diversi significati legati al morso della taranta.
La serata del 2 agosto (Cortile Palazzo Ducale, ore 20.00) si aprirà con la proiezione della prima stesura di un film documentario che sarà completato a novembre di quest’anno, dal titolo “LATRODECTUS”. Originalissimo per il suo taglio scientifico ma con preziosi riferimenti alla tradizione orale, il lungometraggio è stato girato tra Francia e Italia dal regista Jeremie Basset e dall’etnopsichiatra Irene Gurrado. Le musiche dal vivo dell’etnomusicologo Ruggiero Inchingolo, eseguite durante la proiezione, sottolineranno alcuni momenti di questa recente ricerca alle radici del "morso nascosto" della mitica taranta. Il film è ricco di suggestive immagini filmate a fine anni '50 dalla troupe di Ernesto De Martino, di interessanti interviste agli esperti più qualificati di vari ambiti disciplinari (tra cui lo stesso direttore artistico) che si sono interessati al tarantismo, come il decano dell’ analisi istituzionale nonchè studioso di trance e possessione, George Lapassade dell’Università di Parigi VIII. Il documento è una valida testimonianza di come è possibile fare dell' interdisciplinarietà una scommessa per il futuro delle professioni.
• 1 prima presentazione musicologica con seminario sulla conoscenza delle tecniche di uno strumento tipico pugliese.
La serata del 3 agosto (Cortile Palazzo Ducale, ore 19.00), darà spazio a un lavoro di ricerca svolto dall’andriese Davide Roberto negli archivi del Centro Studi “Il Giardino dei Suoni” nella sezione relativa alla documentazione video-sonora del Festival “Suoni dal Mediterraneo”. Durante il seminario saranno illustrate le tecniche utilizzate nei tamburi a cornice del Meridione d’Italia. Il suo interessante studio, è stato oggetto di tesi di laurea (con lode) discussa al DAMS dell’Università degli Studi di Roma Tre. Il tamburello e la tammorra saranno i protagonisti di questo viaggio attraverso il Salento, la Calabria e la Campania alla scoperta di analogie e differenze di esecuzione.
• 1 corso di danza popolare per la formazione del pubblico.
In una intensa due giorni (Venerdì 1 agosto ore 15-19 e Sabato 2 agosto 10-14; 16-18) nel Cortile del Palazzo Ducale, Giuseppe delle Donne e Lucia Polito (ballerini ed insegnanti) ci mostreranno e ci faranno ballare la vera pizzica pizzica del Salento, attraverso cinque momenti di due ore ciascuno. Un percorso a tappe che alternerà la pratica (moltissima) alle informazioni utili per contestualizzare la danza e saperla usare con consapevolezza.
• 1 concerto-lezione per la formazione del pubblico.
Domenica 3 agosto (ore 20.00) nel cortile del Palazzo Ducale, si esibiranno i depositari del patrimonio musicale di tradizione orale del Gargano, con il gruppo di Michele Rinaldi, cantatore e suonatore di chitarra battente nonchè ultimo custode della tradizione popolare musicale di San Giovanni Rotondo. Lo stesso gruppo ha inaugurato il Festival nel 1998.
Il cartellone, dunque, è ricco e la nostra sfida rimane sempre quella di continuare a raccogliere nel contenitore culturale, non solo gruppi di musica etnica di rilievo internazionale, ma anche le personalità regionali della musica folklorica, con alle spalle significative esperienze nel campo della tradizione popolare, che lasciano un tesoro non solo musicale, ma soprattutto:
• culturale, con le tradizioni della loro terra di appartenenza;
• sociale, per la funzione di aggregare un pubblico diverso per età, provenienza geografica, strato sociale, gusti e interessi;
• formativo, per i seminari e i concerti lezione che arricchiscono il nostro bagaglio di conoscenze con una forte valenza educativa basata sul rispetto delle culture “altre”.
“Dal 1998 ‘Suoni dal Mediterraneo’ offre i tratti musicali di una terra privilegiando spesso i depositari di una tradizione musicale che è appresa oralmente. Svincolandosi dall’idea della mera spettacolarizzazione, il Festival propone anche il concerto lezione: non un prodotto da palco, ma un’occasione per informare, creare un rapporto tra musica e cultura d’appartenenza dei gruppi”.
Ciro De Rosa, World Music Magazine, n.64, gennaio-febbraio ‘03
Per informazioni:
Centro Studi “Il Giardino dei Suoni”
Via Bari, 30 70031 Andria (BA)
Tel./Fax 0883.597833
www.suonidalmediterraneo.it
28 luglio, 2008
24 luglio, 2008
Caro Don Benzi , The Missing Year ?
MILANO - Tossiva sangue, la malattia era già in fase conclamata. La coinquilina allora ha alzato il telefono e ha segnalato ai volontari dell'Opera di San Francesco il caso dell'amica. Una prostituta romena. Malata di tubercolosi. La donna ora è in cura, ma l'allarme intanto è scattato. La denuncia è dell'assessore alla Salute del Comune, Giampaolo Landi di Chiavenna: più di ottanta casi, solo nelle ultime due settimane, di immigrati indirizzati al centro di Villa Marelli per i controlli anti-tisi. Impossibile, tornando al caso della prostituta romena, risalire al numero di persone che sono entrate in contatto con lei.
«Non sappiamo da quanto tempo sia malata, e se va bene riusciremo a rintracciare solo l'un per cento delle persone che ha frequentato », conferma suor Anna Maria Villa, medico e responsabile del Poliambulatorio dell'Opera San Francesco. Che non nasconde la preoccupazione: «Il rischio di essere contagiati dalla Tbc in città non è più circoscritto, non è più un problema di pochi». Meno di un mese fa lo spettro della tubercolosi si era materializzato in un asilo in zona San Siro. «Non succedeva da molti anni», avevano ammesso allora dal Comune. A Milano i casi di tubercolosi sono circa quattrocento all'anno. «Tre volte di più rispetto alla media nazionale», spiega Luigi Codecasa, responsabile di Villa Marelli.
Nella Milano del 2008 la tbc colpisce soprattutto gli immigrati (i due terzi del totale) in età ancora giovane, tra i trenta e i trentacinque anni. Oppure gli italiani over 50. «Immigrazione, povertà, ambienti più stretti, maggiori possibilità di contatto », le ragioni del primato in negativo di Milano. «Le persone più a rischio sono quelle che vivono nelle stesso ambiente del contagiato ». Nello specifico, rischia quindi di più la coinquilina che il partner occasionale della prostituta malata. L'assessore intanto, dal versante politico, rilancia la sua battaglia sul mestiere più antico del mondo. «Questo nuovo caso di Tbc è emblematico rispetto al problema della prostituzione: bisogna intervenire sul piano sanitario, attraverso l'obbligo di un certificato sanitario per chi esercita la "professione" ».
Anche perché, oltre alla tubercolosi, «ci sono malattie che stanno tornando a diffondersi, come la sifilide, e il problema crescerà se non si regolamenta il fenomeno della prostituzione: ci sono più di 1500 prostitute di strada rilevate in città, il problema è molto grosso». Libretto sanitario ed emersione dal lavoro nero. Con tanto di fisco alle calcagna e una minimum tax da onorare. Vecchi pallini dell'assessore. Che sul tema ha preso carta e penna per scrivere ai ministri competenti: «Il governo deve affrontare urgentemente il tema. Sono preoccupato perché il progetto di legge del governo è scomparso dall'agenda del Consiglio dei ministri».
Commento degli autori del blog :
Don Benzi era convinto che qualsiasi donna di qualsiasi nazionalita' e ceto sociale che esercitasse la "professione" piu' antica del mondo non fosse una donna libera. Interessa poco a noi sapere quali siano le forme giuridiche per rendere sicure queste ragazze anche se ne capiamo la neccessita' e l'urgenza. A noi interessa rendere libero il cuore di queste ragazze. Come detto tempo fa con i Rom non basta emarginare e controllare, occorre educare ed amare.
Ma questo è un ruolo che non può spettare allo stato. E' un ruolo che spetta a noi. Cosi' potremo rendere libere e felice migliaia di ragazze.
E' qui che occorre ripartire.
«Non sappiamo da quanto tempo sia malata, e se va bene riusciremo a rintracciare solo l'un per cento delle persone che ha frequentato », conferma suor Anna Maria Villa, medico e responsabile del Poliambulatorio dell'Opera San Francesco. Che non nasconde la preoccupazione: «Il rischio di essere contagiati dalla Tbc in città non è più circoscritto, non è più un problema di pochi». Meno di un mese fa lo spettro della tubercolosi si era materializzato in un asilo in zona San Siro. «Non succedeva da molti anni», avevano ammesso allora dal Comune. A Milano i casi di tubercolosi sono circa quattrocento all'anno. «Tre volte di più rispetto alla media nazionale», spiega Luigi Codecasa, responsabile di Villa Marelli.
Nella Milano del 2008 la tbc colpisce soprattutto gli immigrati (i due terzi del totale) in età ancora giovane, tra i trenta e i trentacinque anni. Oppure gli italiani over 50. «Immigrazione, povertà, ambienti più stretti, maggiori possibilità di contatto », le ragioni del primato in negativo di Milano. «Le persone più a rischio sono quelle che vivono nelle stesso ambiente del contagiato ». Nello specifico, rischia quindi di più la coinquilina che il partner occasionale della prostituta malata. L'assessore intanto, dal versante politico, rilancia la sua battaglia sul mestiere più antico del mondo. «Questo nuovo caso di Tbc è emblematico rispetto al problema della prostituzione: bisogna intervenire sul piano sanitario, attraverso l'obbligo di un certificato sanitario per chi esercita la "professione" ».
Anche perché, oltre alla tubercolosi, «ci sono malattie che stanno tornando a diffondersi, come la sifilide, e il problema crescerà se non si regolamenta il fenomeno della prostituzione: ci sono più di 1500 prostitute di strada rilevate in città, il problema è molto grosso». Libretto sanitario ed emersione dal lavoro nero. Con tanto di fisco alle calcagna e una minimum tax da onorare. Vecchi pallini dell'assessore. Che sul tema ha preso carta e penna per scrivere ai ministri competenti: «Il governo deve affrontare urgentemente il tema. Sono preoccupato perché il progetto di legge del governo è scomparso dall'agenda del Consiglio dei ministri».
Commento degli autori del blog :
Don Benzi era convinto che qualsiasi donna di qualsiasi nazionalita' e ceto sociale che esercitasse la "professione" piu' antica del mondo non fosse una donna libera. Interessa poco a noi sapere quali siano le forme giuridiche per rendere sicure queste ragazze anche se ne capiamo la neccessita' e l'urgenza. A noi interessa rendere libero il cuore di queste ragazze. Come detto tempo fa con i Rom non basta emarginare e controllare, occorre educare ed amare.
Ma questo è un ruolo che non può spettare allo stato. E' un ruolo che spetta a noi. Cosi' potremo rendere libere e felice migliaia di ragazze.
E' qui che occorre ripartire.
14 luglio, 2008
Quando Finira' Tutto Questo ?
Sul barcone partito dalle coste del Nord Africa si erano stretti in 48. Dopo cinque giorni in mare sotto al sole ardente di luglio sono approdati sulle coste spagnole dell’Andalusia in 33. Quindici, tra cui nove bambini piccoli, sono morti di caldo e di sete e di stenti. Giornalisticamente parlando, ordinaria amministrazione: poche righe nelle pagine interne dei quotidiani, non vale di più una tragedia, se si ripete invariata cento volte all’anno, e riguarda, per di più, dei miserabili. Ma c’è un particolare in quelle righe in cui si inciampa, fermandosi in un attimo di atterrito silenzio interiore. Le madri di quei bambini, riferiscono i superstiti, sono state costrette a buttare esse stesse i loro figli morti nel mare. Sotto il cielo torrido tra l’Africa e la Spagna, in una barca affollata di uomini stremati non c’è spazio per alcuna pietà. Un cadavere, e anche quello di un bambino, in quel sole appesta i compagni con l’intollerabile fetore della morte. Disfarsene bisogna, e in fretta, liberarsene scaricando a mare le piccole membra illividite. Immaginiamoci allora – facciamo uno sforzo per vedere ciò che nessuna telecamera ci mostrerà mai – quelle madri naufraghe, attorno solo l’orizzonte infinito del mare, e quei figli di uno, due, quattro anni fra le braccia, di cui per ore hanno assistito impotenti all’agonia. Immaginiamoci l’istante in cui il respiro affannoso del figlio si quieta, e forse il materno sollievo nel pensare che il martirio è finito, e che il bambino ora è in pace. Chiudergli gli occhi, ricomporlo nelle vesti sporche, nelle piccole braccia ustionate dal sole. Forse per qualche ora i compagni avranno rispettato il muto dialogo fra madre e figlio, avvinti l’una all’altro come nell’illusione di un lungo sonno. Ma poi certo il capobarca avrà fatto segno: «È ora». Le madri dapprima si saranno disperatamente ribellate. Urla, pianti, le braccia protese ad avvinghiare il bambino inerte. Ma poi hanno ceduto, rassegnate. Altri figli le guardavano zitti, e la sopravvivenza imponeva la sua legge feroce. Ma han voluto essere loro a prenderli in braccio, dolcemente, a adagiarli sull’acqua come su una culla, allungando la mano in un’ultima carezza. A cosa somiglia questa tragedia ignorata in alto mare, che cosa ti ricorda, tanto che ti sembra di averne già letto? «Portava essa in collo una bambina di forse nov’anni, morta; ma tutta ben accomodata, co’ capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l’avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Né la teneva a giacere, ma sorretta, a sedere sur un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che una manina bianca a guisa di cera spenzolava da una parte, con una certa inanimata gravezza, e il capo posava sull’omero della madre, con un abbandono più forte del sonno». La madre di Cecilia nella peste manzoniana, è lei la donna cui la memoria, in quelle poche righe distratte in un dispaccio di agenzia, ritorna. La madre che posa come un fiore reciso sul carro dei morti la figlia, doveva avere la stessa faccia, gli stessi occhi di quelle sconosciute africane in mezzo al mare. E al monatto che come intimidito si avvicina a prendere la bambina la donna dice: «No! Non me la toccate per ora. Devo metterla io su quel carro». «Devo metterla io»: così come le naufraghe hanno voluto deporre esse stesse i bambini nel mare – quasi fossero le onde lenzuola da teneramente rimboccare. La peste, c’è ancora. È lo strazio dei morti di fame naufraghi nei nostri mari. Ancora le donne cedono alla morte i loro figli inutilmente vegliati nelle notti di deriva. Noi, non le vediamo. Nessuna televisione ce ne mostrerà gli occhi neri mentre si chinano sull’acqua col figlio in braccio, irrigidito «in un abbandono più forte del sonno».
01 luglio, 2008
Suoni Dal Mediterraneo 2008
Il Giardino dei Suoni e Ruggiero Inchingolo sono lieti di comunicare le date del
Festival di Musica Etnica
Suoni dal Mediterraneo
10° Edizione
1 – 2 – 3 Agosto 2008
Andria
10 volte La musica dei portatori della tradizione orale
10 volte Gli strumenti dal mondo
10 volte I concerti-lezione
10 volte Le realtà d’avanguardia della scena etnica
10 volte La sperimentazione e la ricerca musicale
10 volte Gli spettacoli in prima assuluta
10 volte I seminari di approfondimento
10 volte La sensibilità verso il sociale
10 volte Il senso della festa
10 volte Il ballo collettivo in piazza e lo spettacolo diventano rito.
Quest’anno si intende celebrare il decennale del Festival, attraverso le esibizioni di artisti che, con il loro repertorio ben esprimono le valenze culturali del tema conduttore che, variabile di anno in anno, ha caratterizzato ogni singola programmazione:
dalle culture musicali dell’Italia Meridionale, a quelle di confine;
dall’esigenza collettiva dei rituali di festa popolare legati al mondo sacro e profano, fino alle varie forme vocali della musica di tradizione orale;
dalla musica di invocazione alla divinità fino al concetto dell’arte dell’ improvvisazione musicale nella cultura orale;
dalle sonorità imparentate con l’architettura antica fino agli strumenti simboli di identità culturale.
Il programma sarà pubblicato a breve sul sito ufficiale del Festival, all'indirizzo
www.suonidalmediterraneo.it
Festival di Musica Etnica
Suoni dal Mediterraneo
10° Edizione
1 – 2 – 3 Agosto 2008
Andria
10 volte La musica dei portatori della tradizione orale
10 volte Gli strumenti dal mondo
10 volte I concerti-lezione
10 volte Le realtà d’avanguardia della scena etnica
10 volte La sperimentazione e la ricerca musicale
10 volte Gli spettacoli in prima assuluta
10 volte I seminari di approfondimento
10 volte La sensibilità verso il sociale
10 volte Il senso della festa
10 volte Il ballo collettivo in piazza e lo spettacolo diventano rito.
Quest’anno si intende celebrare il decennale del Festival, attraverso le esibizioni di artisti che, con il loro repertorio ben esprimono le valenze culturali del tema conduttore che, variabile di anno in anno, ha caratterizzato ogni singola programmazione:
dalle culture musicali dell’Italia Meridionale, a quelle di confine;
dall’esigenza collettiva dei rituali di festa popolare legati al mondo sacro e profano, fino alle varie forme vocali della musica di tradizione orale;
dalla musica di invocazione alla divinità fino al concetto dell’arte dell’ improvvisazione musicale nella cultura orale;
dalle sonorità imparentate con l’architettura antica fino agli strumenti simboli di identità culturale.
Il programma sarà pubblicato a breve sul sito ufficiale del Festival, all'indirizzo
www.suonidalmediterraneo.it
La Grande Domanda
Se eri un bambino negli anni 70
Come hai fatto a sopravvivere ?
1.- Da bambini andavamo in auto che non avevano cinture di sicurezza né airbag...
2.- Viaggiare nella parte posteriore di un furgone aperto era una passeggiata speciale e ancora ne serbiamo il ricordo.
3.- Le nostre culle erano dipinte con colori vivacissimi, con vernici a base di piombo.
4.- Non avevamo chiusure di sicurezza per i bambini nelle confezioni dei medicinali, nei bagni, alle porte.
5.- Quando andavamo in bicicletta o in moto non portavamo il casco.
6.- Bevevamo l'acqua dal tubo del giardino , invece che dalla bottiglia dell'acqua minerale.
7.- Trascorrevamo ore ed ore costruendoci carretti a rotelle ed i fortunati che avevano strade in discesa si lanciavano e, a metà corsa, si ricordavano di non avere freni. Dopo vari scontri contro i cespugli, imparammo a risolvere il problema. Si, noi ci scontravamo con cespugli, non con auto!
8.- Uscivamo a giocare con l'unico obbligo di rientrare prima del tramonto. Non avevamo cellulari... cosicché nessuno poteva rintracciarci. Impensabile! .
9.- La scuola durava fino alla mezza , poi andavamo a casa per il pranzo con tutta la famiglia
(si, anche con il papà ). Incredibile!
10.- Ci tagliavamo , ci rompevamo un osso , perdevamo un dente , e nessuno faceva una denuncia per questi incidenti. La colpa non era di nessuno, se non di noi stessi.
11.- Mangiavamo biscotti , pane olio e sale , pane e burro , bevevamo bibite zuccherate e non avevamo mai problemi di sovrappeso, perché stavamo sempre in giro a giocare.
12.- Condividevamo una bibita in quattro... bevendo dalla stessa bottiglia e nessuno moriva per questo.
13.- Non avevamo Playstation, Nintendo 64, X box, Videogiochi , televisione via cavo con 999 canali , videoregistratori , dolby surround , cellulari personali , computer , chatroom su Internet ... Avevamo invece tanti AMICI.
14.- Uscivamo, montavamo in bicicletta o camminavamo fino a casa dell'amico , suonavamo il campanello o semplicemente entravamo senza bussare e lui era lì e uscivamo a giocare.
15.- Si! Lì fuori! Nel mondo crudele! Senza un guardiano! Come abbiamo fatto? Facevamo giochi con bastoni e palline da tennis , si formavano delle squadre per giocare una partita; non tutti venivano scelti per giocare e gli scartati dopo non andavano dallo psicologo per il trauma .
16.- Alcuni studenti non erano brillanti come altri e quando perdevano un anno lo ripetevano. Nessuno andava dallo psicologo, dallo psicopedagogo, nessuno soffriva di dislessia né di problemi di attenzione né di iperattività; semplicemente prendeva qualche scapaccione e ripeteva l’anno.
17.- Avevamo libertà , fallimenti , successi , responsabilità ...
e imparavamo a gestirli.
La grande domanda allora è questa:
Come abbiamo fatto a sopravvivere ? e a crescere ? e a diventare grandi ? .
Nota dell'autore del blog : sara' che tra due giorni compio 36 anni ma questi messaggi che invadono la posta e che in altri tempi avrei insultato ( cosa che molto probabilmento continuerò a fare dal 4 luglio ) oggi fanno quasi tenerezza...
Come hai fatto a sopravvivere ?
1.- Da bambini andavamo in auto che non avevano cinture di sicurezza né airbag...
2.- Viaggiare nella parte posteriore di un furgone aperto era una passeggiata speciale e ancora ne serbiamo il ricordo.
3.- Le nostre culle erano dipinte con colori vivacissimi, con vernici a base di piombo.
4.- Non avevamo chiusure di sicurezza per i bambini nelle confezioni dei medicinali, nei bagni, alle porte.
5.- Quando andavamo in bicicletta o in moto non portavamo il casco.
6.- Bevevamo l'acqua dal tubo del giardino , invece che dalla bottiglia dell'acqua minerale.
7.- Trascorrevamo ore ed ore costruendoci carretti a rotelle ed i fortunati che avevano strade in discesa si lanciavano e, a metà corsa, si ricordavano di non avere freni. Dopo vari scontri contro i cespugli, imparammo a risolvere il problema. Si, noi ci scontravamo con cespugli, non con auto!
8.- Uscivamo a giocare con l'unico obbligo di rientrare prima del tramonto. Non avevamo cellulari... cosicché nessuno poteva rintracciarci. Impensabile! .
9.- La scuola durava fino alla mezza , poi andavamo a casa per il pranzo con tutta la famiglia
(si, anche con il papà ). Incredibile!
10.- Ci tagliavamo , ci rompevamo un osso , perdevamo un dente , e nessuno faceva una denuncia per questi incidenti. La colpa non era di nessuno, se non di noi stessi.
11.- Mangiavamo biscotti , pane olio e sale , pane e burro , bevevamo bibite zuccherate e non avevamo mai problemi di sovrappeso, perché stavamo sempre in giro a giocare.
12.- Condividevamo una bibita in quattro... bevendo dalla stessa bottiglia e nessuno moriva per questo.
13.- Non avevamo Playstation, Nintendo 64, X box, Videogiochi , televisione via cavo con 999 canali , videoregistratori , dolby surround , cellulari personali , computer , chatroom su Internet ... Avevamo invece tanti AMICI.
14.- Uscivamo, montavamo in bicicletta o camminavamo fino a casa dell'amico , suonavamo il campanello o semplicemente entravamo senza bussare e lui era lì e uscivamo a giocare.
15.- Si! Lì fuori! Nel mondo crudele! Senza un guardiano! Come abbiamo fatto? Facevamo giochi con bastoni e palline da tennis , si formavano delle squadre per giocare una partita; non tutti venivano scelti per giocare e gli scartati dopo non andavano dallo psicologo per il trauma .
16.- Alcuni studenti non erano brillanti come altri e quando perdevano un anno lo ripetevano. Nessuno andava dallo psicologo, dallo psicopedagogo, nessuno soffriva di dislessia né di problemi di attenzione né di iperattività; semplicemente prendeva qualche scapaccione e ripeteva l’anno.
17.- Avevamo libertà , fallimenti , successi , responsabilità ...
e imparavamo a gestirli.
La grande domanda allora è questa:
Come abbiamo fatto a sopravvivere ? e a crescere ? e a diventare grandi ? .
Nota dell'autore del blog : sara' che tra due giorni compio 36 anni ma questi messaggi che invadono la posta e che in altri tempi avrei insultato ( cosa che molto probabilmento continuerò a fare dal 4 luglio ) oggi fanno quasi tenerezza...
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