05 aprile, 2009

Parole Di Speranza 3

Gesù disse loro “Liberatelo e lasciatelo andare”. E Lazzaro riprese a camminare per le strade della sua Betania. E noi silenziosamente vogliamo seguirlo per cercare di leggere che cosa sta nella sua mente, quali sono i desideri e le impressioni che stanno nel suo cuore, perché a lui - a Lazzaro - era capitato un fatto che non è capitato a nessun uomo sulla faccia della Terra e non capiterà a nessuno in avvenire: morire e tornare a vivere su questa Terra.

Lazzaro - penso - una volta strappato dalla morte, si fermava talvolta davanti al buco nero della tomba che l’aveva ingoiato e risputato; e faceva forse a Gesù una specie di processo (le cose che anche noi ci sentiamo quasi, rispettosamente, rimproverare a Gesù).
Ma questo Lazzaro era forse una marionetta da mandare avanti e indietro da quella porta tenebrosa? (Quasi giocando come fa un gatto con il topo?).
Va bene che Tu sei il Messia, o Signore! Ma anche il Messia - secondo noi - dovrebbe fare i conti con gli altri; e forse chiedere il permesso per un miracolo di quella sorta, che uno se lo sente attaccato alla vita, perché diventa la sua vita stessa fino alla fine dei suoi giorni!
Se poi volevi, potevi venire anche qualche giorno prima e guarirlo alla buona, mentre si trovava a letto: lo toccavi e quello si alzava; senza quella gran scena del miracolo con la gente a vedere! (E magari a scommettere: viene fuori; non viene fuori?).
E lui, Lazzaro, che esce dalla tomba tutto legato dalle bende, come un fantasma.

E adesso Lazzaro era uno che tutti si voltavano a guardare quando passava per la strada, come se fosse un morto vivo; un qualche cosa che non può essere e che nessuno è stato mai.
“Lazzaro del miracolo”, lo chiamavano! Lazzaro­del­miracolo, come se fosse un soprannome.
E dice il Vangelo che da Gerusalemme veniva una folla di Giudei a vedere questo miracolato risuscitato dalla morte. E siccome molti Giudei lasciavano la sinagoga per seguire Gesù, ecco che il sinedrio decise di uccidere Gesù, ma anche di eliminare Lazzaro.
Insomma, Lazzaro non era più, non si sentiva più un uomo normale; era questo che lo infastidiva.

Ma noi ci domandiamo: e che cos’è la normalità?
C’era la normalità della gente, che non è la normalità di Dio.
E proprio perché non siamo santi, accade che la normalità di Dio sia come una eccezione.
Ma non è forse la normalità di Dio la suprema regola del mondo, la profezia degli ultimi tempi, l’anticipazione del Regno?
Sì, è proprio così: ciò che è anormale secondo la norma di Dio, rispetto a ciò che è qui sulla Terra, è invece la norma rispetto a ciò che deve essere e che sarà.
E questo perché il mondo non è ancora totalmente il Regno; anzi, spesso ne è tanto lontano!
E così anche il miracolo. Che cos’è nella sua realtà il miracolo (nella sua realtà più profonda), se non la Legge nuova, l’ultima, quella che siamo chiamati a scrivere e che sarà scritta definitivamente soltanto alla fine dei tempi?

Io non lo so, Signore, se è colpa del peccato originale o di qualche altra trappola in cui siamo caduti! Ma so di certo che non siamo fatti normalmente per la morte, per il dolore, per la malattia!
E se soffriamo, non è normale; se ci ammaliamo, non è logico; se moriamo, è solo provvisoriamente
(in questa provvisorietà singolare della storia, che tuttavia deve finire).
E alla fine, quando il Tuo piano, o Signore, sarà tutto compiuto, non ci saranno più lacrime, non ci saranno più lutti e Lazzaro non scenderà mai più nella sua tomba.

Lazzaro non poteva tornare indietro come se nulla fosse stato e non fosse mai morto.
Doveva tornare in avanti come profezia della vita immortale, come testimonianza che “Chi vive e crede in Me, non morirà in eterno”.
Invece, non seppe mettere forse a frutto il suo esilio di morte e si sentì inevitabilmente estraniato, perché: tornare avanti, non sapeva; e tornare indietro, non poteva.
Così abbassò il grande livello metafisico e simbolico della propria vicenda al piano gretto delle querimonie psicologiche. Restò come murato in un destino anomalo, così com’era rimasto murato nella tomba.

Adesso la sua tomba era la vita; la vita che non sapeva rifar circolare tra la gente, per le strade del mondo. Perché? Perché le strade del mondo le aveva ormai disimparate e le strade del Regno non le aveva ancora scoperte.
Quei fiori, che sono a un tempo la normalità e la gratuità, la profezia e la restituzione, non crebbero forse nel suo orto, come invece crescevano abbondanti nell’orto della sorella Maria.

E allora preghiamo Signore.
“Signore, donaci di compiere sereni gesti di ogni giorno, fatti con l’intensità dell’ultimo giorno, come profezia del tuo Regno venturo!
Donaci, o Signore, quei miracoli che non sono più miracoli, ma sono il Tuo Regno che viene! Il tuo Regno già venuto.
E allora facci risorgere, o Signore, non come Lazzaro per una vita un po’ scontrosa; facci risorgere come Te, che non avevi bisogno di mangiare, eppure hai mangiato come ognuno di noi!
E nel prodigio pasquale sei tornato ancora, come ciascuno di noi, per essere il futuro del Regno, presente nell’oggi della nostra vita, umana e fuggevole”. E così sia.
Don Enrico Vago

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