05 aprile, 2007

Giovedi Santo

Fede non è sapere
che l'altro esiste
è vivere dentro di lui
calore nelle sue vene
sogno nei suoi pensieri.
Qui aggirarsi dormendo
in lui destarsi.
Lalla Romano.


Negli ultimi anni della sua lunga vita (è morta a 95 anni nel 2001) l'ho spesso incontrata e ascoltata nella sua casa milanese di via Brera. E sempre il discorso correva oltre le frontiere della ragione, verso i campi della fede, dell'amore, del mistero. Lei, "laica" come si è solito dire oggi, ha detto a me credente parole bellissime sulla fede, proprio come quelle che ho proposto a tutti oggi, giovedì santo, desumendole da una sua raccolta poetica del 1974, Giovane è il tempo (Einaudi).
Credere è, certo, anche un po' sapere, ma è soprattutto comunione di vita con l'Altro, è vivere dentro di Lui, pulsando nel suo cuore, percorrendo il suo pensiero, abbandonandosi a Lui nel sonno, consapevoli - come dice la donna del Cantico dei cantici - che «anche dormendo, il cuore veglia» e batte d'amore (5, 2). Sì, la fede è sorella dell'amore ed è proprio col linguaggio amoroso che i mistici hanno descritto i segreti del credere in Dio. Superiamo, allora, una religiosità fatta solo di sapere e di dovere, pur necessario come prima tappa, e inoltriamoci sulla via dell'intimità e della comunione, "vivendo dentro di Lui", facendo sì che anche Lui viva in noi, come aveva confessato san Paolo: «Cristo vive in me» (Galati 2, 20).

Gianfranco Ravasi ( Da Avvenire )

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bella la frase della Romano, che non sapevo alla fine della sua vita si fosse posta queste domande.

Però... vista così la fede non rischia di essere un'ispirazione, una e-voluzione a cui l'animo arriva quasi evaporando da sé?
Mi sembra la posizione calvinista, del io che "arriva" a Dio.

Ma la strada tracciata non era una compagnia carnale, quei 12 (di cui poi uno poco raccomandabile...) che ha scelto? Il Dio che si piega all'io, e con un volto umano.
Parliamone.

Vittorio

Simone Veronelli ha detto...

Il tuo post mi fa in parte capire quanto sono poco preparato in questa materia, quindi spero che non troverai quanto sto per scrivere troppo banale. Ora io penso che non ci sia contraddizione in quel che tu sostieni. Quando l'anima, in seguito ad un incontro, ama l'Altro non vorrebbe poter vivere con e nell'altro in una quasi totale condivisione ? E questo soprattutto negli aspetti piu' difficili della vita quali il dolore e la morte ma anche i piu' belli quali l'amore ? Mi viene in mente la scena di un film di Benigni quando, nel finale, Benigni è talmente assorbito nell'amore e dall'amare della sua amata da divenire con lei una sola persona. Non penso che tutto ciò sia un'ispiraione quanto una tendenza naturale dell'anima innamorata.
Ciao e grazie per essere passato dal blog