05 giugno, 2006

Franz Jägerstätter

Se volessimo classificare le vittime del nazismo in grandi macrocategorie potremmo dire che vi furono vittime "per ciò che erano", vittime "per quel che facevano" e infine vittime "per ciò che rifiutavano di fare".
Nella prima categoria possiamo far rientrare gli Ebrei, i Rom e i Sinti e - in misura variabile - gli Slavi e i "non ariani".
La categoria di coloro che venivano vittimizzati "per quel che facevano" era composta da tutti coloro che mostravano attitudini e comportamenti divergenti dall'ideologia o dalla morale nazista. Gli omosessuali quindi, gli oppositori politici, i massoni, i cosiddetti "asociali", coloro che trasgredivano agli ordini.
La terza categoria - quella di coloro che erano vittime "per ciò che rifiutavano di fare" appare la meno studiata. Vi rientravano ad esempio coloro che rifiutavano di prestare servizio militare (come ad esempio i Testimoni di Geova), i militari che rifiutavano di obbedire ad ordini considerati immorali.
Un gruppo di appartenenti a questa categoria è stata quasi del tutto ignorata dagli storici: i pacifisti. Cosa significava essere pacifisti o anche obiettori di coscienza nel Terzo Reich?


“Scrivo con le mani legate, ma preferisco questa condizione al sapere incatenata la mia volontà. Non sono il carcere, le catene e nemmeno una condanna che possono far perdere la fede a qualcuno o privarlo della libertà […]. Perché Dio avrebbe dato a ciascuno di noi la ragione ed il libero arbitrio se bastava soltanto ubbidire ciecamente? O, ancora, se ciò che dicono alcuni è vero, e cioè che non tocca a Pietro e Paolo affermare se questa guerra scatenata dalla Germania è giusta o ingiusta, che importa saper distinguere tra il bene ed il male? ”.


(Dal testamento, Berlino, luglio 1943)


Franz Jägerstätter nasce il 20 maggio 1907 in un paesino St.Radegung, nell’Alta Austria a pochi chilometri dal confine con la Baviera.
Può essere definito come un “resistente” al nazismo, un semplice contadino che rappresenta uno dei pochissimi testimoni che in terra tedesca, abbia osato opporsi al regime hitleriano. La sua è una storia non “etichettabile”, vissuta in totale solitudine, del tutto staccata da qualsiasi movimento di opposizione interna al nazismo. Rifiutò ogni collaborazione con il nazionalsocialismo dopo l’annessione del suo Paese alla Germania (1938).
Chiamato alle armi nel 1943, in pieno conflitto mondiale, dichiarò che come cristiano non poteva servire l’ideologia hitleriana e combattere una guerra ingiusta.
La scelta e la vita di Franz, sono riferibili ad una radicalità evangelica che non ammette repliche, anzi provoca ed interroga. Non è senza significato che il suo parroco Josef Karobath, dopo la discussione decisiva nel 1943, pochi giorni prima della chiamata all’arruolamento, abbia scritto:”Mi ha lasciato ammutolito, perché aveva le argomentazioni migliori. Lo volevamo far desistere ma ci ha sempre sconfitti citando le Scritture”. In Franz c’è una serenità, anche se mediata e sofferta, di adesione al pieno significato del messaggio evangelico: in lui la coerenza diventa fattore distintivo, non per preconcetti ideologici o per un astratto pacifismo, ma perché si lascia condurre dalla concreta e vissuta adesione ai valori, ai significati, alle esigenze di ciò in cui crede.
Nella vicenda umana e religiosa di F.Jägerstätter emerge con forza il primato della coscienza, vero faro per il comportamento di un semplice laico cristiano. Senza eccedere a posizioni eterodosse, Franz si pone in fermo ascolto di ciò che “gli sembra giusto”. Lo fa con enorme sofferenza, perché deve andare contro ciò che ha di più caro, la famiglia(la moglie e le tre figlie in tenera età) contro i pastori della Chiesa(ma non tutti), contro i suoi concittadini, di cui “sente” la disapprovazione, lui a cui era stato chiesto di diventare sindaco.
Il suo ascolto non è improvvisato, Franz studia la Bibbia, legge i documenti della Chiesa, si confronta con persone di cui ha fiducia, prega molto, medita, digiuna. Si sottopone ad un percorso di formazione della coscienza, pur nelle condizioni proibitive di quegli anni.
L’atteggiamento etico di Franz fa leva sulle “cose ultime”, le cerca e le desidera. Non le pone sullo sfondo del proprio agire, ma le fa diventare determinanti per decisioni e comportamenti. Anche davanti alla moglie, nei 20 minuti di colloquio concesso in carcere, a Berlino, poche settimane prima dell’epilogo, ricorda che ciò che li attende è il Cielo e “chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me ” (Mt. 8,37).
Franz viene ghigliottinato a Brandeburgo (Berlino, nello stesso carcere si trovava anche Bonhoffer) il 9 agosto 1943.
La testimonianza di Franz si fonda su un altissimo senso della dignità della persona, sul valore della coscienza, sull’importanza della responsabilità individuale anche di fronte alle scelte collettive.
Essa ricorda inoltre il sacrificio di coloro che hanno lottato contro le barbarie dei regimi totalitari.

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