03 marzo, 2008

La finta epidemia gonfiata e l'epidemia dimenticata...

Questa mattina ho trovato due articoli che parlavano di salute. Solitamente non li leggo ma questa volta ho trovato qualcosa su cui riflettere. Da una parte siamo davanti ad una vera e propria epidemia reale, con migliaia di morti e orfani ma che siamo sicuri non ci toccherà. Dall'altra si parla di tre epidemie che hanno riempito le pagine dei giornali ( in Italia devono aver causato penso la morte di una decina di anatre.... ). Insomma, qualcosa su cui riflettere penso ci sia....

FEBBRAIO 2006, ONU - Ogni minuto un bambino di età inferiore ai 15 anni muore di sindrome di immunodeficienza acquisita (sida/aids) e oltre 15 milioni hanno perso uno o entrambi i genitori: è l’infanzia il volto meno noto dell’epidemia che colpisce gran parte della nazioni povere, in particolare quelle africane. A loro, quelli uccisi dalla malattia o i milioni resi orfani dalla sindrome, è stata dedicata una conferenza con la partecipazione di 150 esperti medici e operatori sociali, organizzata dall’Onu e dal governo inglese. Secondo le proiezioni dell’Unaids, competente organismo dell’Onu, presentate alla conferenza, il numero degli orfani africani rischia di aumentare a 18 milioni nel 2010, con una crescita del 10% l’anno. “La conseguenza – ha detto Peter Piot, capo dell’Unaids - è un impatto a lungo termine sul tessuto sociale ed economico delle nazioni colpite, paragonabile a quello del surriscaldamento del clima”.

MARZO 2007, SUD-SUD: Una ‘banca del latte materno’ a Capoverde per le madri sieropositive allo scopo di scongiurare il pericolo di trasmissione del virus da mamma a neonato: la sua creazione, per iniziativa del Brasile, è stata annunciata da Arthur Correia, segretario esecutivo del Comitato per la lotta alla sindrome di immunodeficienza acquisita (sida/aids), ricordando che l’iniziativa fa parte di un progetto di collaborazione chiamato ‘Laços Sul- Sul’ (Legami Sud-Sud), in base al quale l’arcipelago africano lusofono già riceve aiuto dai brasiliani con l’invio di farmaci anti-retrovirali e assistenza specializzata alle gestanti sieropositive. Obiettivo del programma è fare in modo che entro il 2010 tutte le donne di Capoverde in gravidanza facciano il test per diagnosticare la malattia e seguano le cure indicate. In occasione della recente ‘Giornata della Donna di Capoverde’, il Comitato ha diffuso nuovi dati dai quali emerge che la parte femminile della popolazione si rivolge maggiormente ai centri clinici e presenta comportamenti a rischio minori rispetto agli uomini del paese.
Fonte : Misna

Aviaria, Sars, Bse: previsioni errate
Un altro inverno è passato, il terzo da quando l'Organizzazione Mondiale della Sanità lanciò l'allarme di un nuovo rischio epidemico legato a un virus di origine aviaria, l'H5N1. Sembrava che da un momento all'altro la febbre dei polli, diabolica per i volatili, potesse fare «almeno un milione di morti » disse l'Oms, contagiando l'uomo con la stessa aggressività della micidiale Spagnola, la peggiore pandemia della storia. Dal 2003 ad oggi, per fortuna, nulla è successo di tutto questo. L'aviaria colpisce l'uomo ma poi si ferma. Il rischio endemico (veloce contagio uomo-uomo) non è dimostrato e l'emergenza, soprattutto da noi, si è rivelata quasi esclusivamente veterinaria. E' successo almeno altre due volte negli ultimi 10 anni di veder passare probabili catastrofi epidemiche terminate con bilanci molto modesti sul piano delle perdite umane. Ricordiamo la Sars negli ultimi mesi del 2002. Anche lì l'Oms lanciò (era il marzo 2003) un allarme: «Non si sa quando ma la pandemia ci sarà». E invece è sparita. E ancor prima la Bse, il morbo della mucca pazza, arrivato nel 2001 in Italia. In via di estinzione. Cominciamo dall'H5N1. Qualcuno predisse milioni di morti. I governi occidentali fecero a gara per accaparrarsi scorte di antivirali e assicurarsi la precedenza nell'acquisto di vaccini.
La tabella aggiornata dell'Oms rispecchia una realtà ben diversa. Dal novembre del 2003, la presunta big influenza ha contagiato 369 persone uccidendone 234. La maggior parte in Vietnam, Indonesia, Egitto, Thailandia e Cina. Si è fermata all'Azerbaijan e alla Turchia, dunque alle porte dell'Europa, non è riuscita a fare breccia nei Paesi dove condizioni igieniche e qualità dei sistemi sanitari sono migliori. La trasmissione interumana, che avrebbe potuto dare il via all'ondata contagiosa, non è mai stata dimostrata. Il virologo Fernando Dianzani ritiene che molto difficilmente l'H5N1 potrà scatenare la nuova pandemia perché non possiede le caratteristiche per saltare da uomo a uomo: «La prudenza era doverosa ma ora possiamo dire che abbiamo esagerato nell'annunciare la catastrofe. Predire l'arrivo di una pandemia da H5N1 è un'illazione che non si basa su dati concreti. Fino a questo momento il virus aviario non si è ricombinato con quello umano, non ha cioè scambiato pezzi di genoma, evento che avrebbe determinato un reale pericolo». E allora, a cosa attribuire l'enfasi con cui le autorità scientifiche internazionali, Oms in testa, hanno lanciato e rilanciato allarmi? Ha le idee chiare Maria Rita Gismondo, microbiologa dell'ospedale Sacco: «Dietro fenomeni come questi si celano grossi appetiti industriali. C'è chi ha interessi diversi dalla tutela della salute. Pensiamo a quelli commerciali. Bisognerà poi riconsiderare le modalità di diffondere informazioni. Coinvolgere la popolazione fin da subito significa seminare panico». Andrebbe bocciata anche l'Oms? La microbiologa insiste: «E' un'istituzione politicizzata: quando c'è di mezzo la salute non bisognerebbe muoversi in base a opportunità e pressioni industriali».
E che fine ha fatto la Sars che ha atterrito il mondo tra novembre 2002 e fine luglio 2003? Moderatamente colpiti sono stati soltanto il Sudest asiatico e il Canada, unico Paese occidentale coinvolto: 8.100 casi, 774 morti causati da un virus della polmonite venuto dal mondo animale. Lei sì, incuteva paura per la velocità nel propagarsi attraverso il respiro. E in Italia la paura fu ingigantita dalla morte del virologo italiano Carlo Urbani, che era stato lo scopritore del virus della Sars e che proprio venendone a contatto perse la vita il 29 marzo 2003. Ma oggi non ce n'è più traccia: «Il virus è tornato nel suo habitat naturale perché ha perso le caratteristiche aggressive. In quella situazione la barriera sanitaria dei Paesi occidentali ha funzionato. L'epidemia non ha toccato l'Europa», dice Dianzani. Infine la Bse, «mucca pazza», che ha sterminato gli allevamenti bovini d'Europa e tenuto lontane dalle nostre tavole la prelibata bistecca con l'osso. Si scoprì che l'agente infettivo, il prione, poteva colpire l'uomo con la cosiddetta variante della Creutzfeldt Jakob, malattia degenerativa neurologica. I tecnici predissero migliaia di morti. Il registro mondiale aggiornato a febbraio riporta 163 casi (più tre da trasfusione). «Abbiamo sbagliato, è vero — ammette Maurizio Pocchiari, Istituto Superiore di Sanità —. Ma siamo stati condizionati dalla scarsità delle conoscenze. Però una volta capito, abbiamo aggiustato il tiro. L'emergenza è finita. Anche se qualche dato non torna». In quanto alla Bse bovina, in Italia non c'è più. L'altro anno si sono ammalate 2 vacche. Quest'anno nessuna. «I controlli veterinari sono stati efficaci», dice Maria Caramelli, responsabile del centro riferimento per la Bse all'istituto zooprofilattico di Torino.

Fonte : Corriere

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